I motori a combustione interna

I cuori delle nostre auto.

Moderatori: Moderatori, Moderatore Mensile, Esperto Tecnico

I motori a combustione interna

Messaggiodi GreyOwl » 10/08/2010, 22:32

Con questo topic vogliamo dare una base tecnico/teorica agli utenti del forum per comprendere al meglio le tematiche affrontate e in maniera semplice spiegare un po' di tecnica motoristica.
gli articoli sono stati ripresi da [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!]


150 anni e non li dimostra: il Motore a Combustione Interna

L’EPOCA PIONIERISTICA

Verso la metà del 1800 la meccanica stava sperimentando un fortissimo impulso al suo sviluppo sull’onda della così detta “Rivoluzione Industriale” che stimolava la ricerca di sempre nuovi dispositivi capaci di produrre energia meccanica in maniera più efficiente e sicura.

E’ in questo periodo che due ingegneri italiani, Nicolò Barsanti (poi conosciuto come Eugenio dopo la sua ordinazione a sacerdote) e Felice Matteucci collaborarono allo sviluppo delle idee del primo su di una macchina termica a combustione interna, idee che vennero sviluppate e che culminarono nel 1853 con il deposito dell’invenzione presso l’Accademia dei Georgofili di Firenze e successivamente con varie richieste di brevetto in vari paesi. Immagine

DA BARSANTI E MATTEUCCI A NIKOLAUS OTTO
Molti altri personaggi negli stessi anni svilupparono dei motori a combustione interna, ma la bontà dell’invenzione della coppia italiana era tale da permettere un maggiore rendimento rispetto alle soluzioni rivali, pur trattandosi di una soluzione che non prevedeva una fase di compressione.

Negli anni immediatamente successivi un ingegnere tedesco di nome Nikolaus Otto Immagine attraverso i suoi studi definì, nel 1862 attraverso il deposito di un brevetto, il primo prototipo di motore a 4 tempi e seguì ad esso la nascita della fabbrica di Otto, fondata con Eugen Langen, fabbrica che poi assumerà il nome Deutz con il quale è conosciuta a tutt’oggi.
Il motore di Otto utilizzava un sistema di accensione della carica dal quale discende la “candela” dei motori ad accensione comandata ed era ancora privo della fase di compressione.

Nel 1872, superati i problemi che affliggevano il motore da lui progettato mediante l’introduzione della fase di compressione, sviluppo dovuto al lavoro prezioso di altri due nomi che contribuiranno alla storia dell’automobile (Gottlieb Daimler e Wilhelm Maybach), Otto depositò il brevetto di quello che viene riconosciuto il Motore a Ciclo Otto che costituì la base per buona parte dei motori che utilizziamo ancora adesso (quelli comunemente chiamati “a benzina“).

UN NUOVO CONCETTO – IL MOTORE DIESEL

Successivamente al brevetto presentato da Otto, un ingegnere tedesco di nome Rudolf Diesel Immagineorientò le sue ricerche su un motore nel quale la combustione venisse innescata non più da un dispositivo dedito a tale funzione, bensì avvenisse spontaneamente ad opera delle elevate temperature che si sviluppavano durante la compressione della carica di aria e combustibile nella camera di combustione.
La datazione del primo motore Diesel è del 1892 per quanto riguarda il brevetto, mentre tra il 1894 ed il 1897 Diesel realizzò e perfezionò il suo prototipo.

Il rendimento di tale motore fu superiore a quello del motore “rivale” Otto, analogamente a quanto avviene oggi e le caratteristiche tecniche di questo motore ne hanno consentito un impiego in applicazioni tra le più svariate.

MOTORI A COMBUSTIONE INTERNA – COME SONO FATTI?

I MCI presentano delle caratteristiche in gran parte comuni ai modelli pionieristici nati circa 150 anni fa, anche se nella realtà molti cambiamenti sono avvenuti, non sempre evidenti, ma comunque importanti.

Un moderno motore è costituito da uno o più cilindri chiusi ad una estremità dalla camera di combustione, dotata di opportune aperture per permettere l’ingresso della carica fresca e la fuoriuscita dei prodotti della combustione.

All’interno dei cilindri scorrono i pistoni, i quali vengono spinti dall’espansione dei gas durante la combustione e cedono tale energia ad un meccanismo che trasforma il moto alternato del pistone in un moto rotatorio.

Un’immagine della coppia Pistone – Biella illustra meglio di mille parole ciò di cui stiamo parlando: Immagine

Tale trasformazione oggi viene eseguita mediante un meccanismo “biella-manovella“, mentre nei primi prototipi si utilizzavano dei sistemi lineari composti da un’asta dentata ed una ruota dentata che ingranava durante la fase di espansione per poi venire disimpegnata durante il moto di ritorno del pistone.

L’immissione della carica e l’espulsione dei gas combusti avviene oggi unicamente mediante le valvole “a fungo” (Poppet Valves), mentre in passato si è assistito a soluzioni particolari, ed in certi casi riprese in considerazione, come ad esempio le valvole a fodero (Sleeve Valves).

Uno schema molto semplificato del motore, dove si individuano il pistone, la biella e l’albero motore, oltre che le valvole e le camme che azionano le stesse è il seguente: Immagine

Altri cambiamenti sono avvenuti, ad esempio sul sistema di preparazione della carica e di iniezione permettendo di migliorare le prestazioni dei motori pur rimanendo ancorati ai concetti di base sui quali sono nati, ma tutto ciò esula da questo post in quanto spingerebbe ad un approfondimento tecnico che richiederebbe troppo spazio.

CLASSIFICAZIONE DEI MOTORI A COMBUSTIONE INTERNA E COMBUSTIBILI

Limitandoci ai soli motori alternativi (ovvero quelli dove l’organo responsabile della trasformazione dell’energia chimica del combustibile in energia meccanica si muove di moto rettilineo alternato) si può operare una classificazione degli stessi in base a vari parametri, ad esempio:

* Numero di fasi svolte in un giro completo dell’albero motore
* Tipo di combustibile impiegato
* Modalità di accensione della carica

La prima classificazione permette di suddividere i motori in 2 e 4 tempi, i quali ultimi risultano essere gli unici impiegati nella trazione stradale ad eccezione dei piccoli motori (in genere di cilindrata non oltre i 250cc) per i motoveicoli.

Il tipo di combustibile impiegato non rappresenta una grande caratteristica distintiva in quanto la successiva classificazione (per modalità di accensione della carica) racchiude implicitamente alcune caratteristiche che i combustibili utilizzati per le varie tipologie devono possedere.

Con questa classificazione si possono suddividere i motori in:

* Accensione Comandata
* Accensione Spontanea

I motori ad accensione comandata non sono nient’altro che i motori a Ciclo Otto (comunemente chiamati “a benzina”) mentre i motori ad accensione spontanea sono i motori a Ciclo Diesel.

I combustibili che possono venire utilizzati in ciascuno dei due tipi devono rispettare delle caratteristiche che rendono perfetto un combustibile per un particolare tipo di motore e completamente inadatto per l’altro.

Benzine, combustibili a base alcoolica come l’etanolo ed il metanolo (il primo molto utilizzato in Brasile perché producibile dalla canna da zucchero, abbondante in quei territori) ed il gas naturale (o prodotto da processi di sintesi) sono combustibili adatti ad un impiego nei motori a ciclo Otto in quanto caratterizzati da un “numero di Ottano” (ovvero la capacità di resistere a forti compressioni senza auto accendersi) elevato, mentre combustibili quali il Gasolio (che comunemente chiamiamo “Diesel”) e tutti gli oli combustibili di varia natura per autotrazione (Biodiesel ecc) sono adatti all’impiego nei motori a ciclo Diesel in quanto presentano una bassa resistenza all’autoaccensione mediante compressione (misurata dal parametro “numero di Cetano“).

EMISSIONI INQUINANTI E NORMATIVE

Le emissioni inquinanti nei motori dipendono strettamente da due fattori:

* Caratteristiche del Combustibile
* Andamento della fase di Combustione

Ogni combustibile è costituito in prevalenza da atomi di idrogeno e carbonio, in numero per molecola variabile, e la combustione di una molecola di combustibile genererà (in caso di combustione perfetta) come prodotti anidride carbonica e vapore acqueo in misura proporzionale al contenuto delle sue specie componenti nei reagenti, come già visto in occasione di precedenti post sugli impianti termoelettrici.

Eventuali altre sostanze presenti nel combustibile possono originare eventuali prodotti di combustione indesiderati, ma alcuni dei più noti non hanno origine principale nel combustibile, bensì nello sviluppo della fase di combustione, fortemente differente tra motori Otto e Diesel, anche se di queste differenze ne parleremo nei post dedicati ad ognuno di essi.

Oltre a considerare la composizione del combustibile, è importante valutare come si sviluppa la combustione, in quanto questo importante processo presenta forme differenti in funzione di alcuni parametri, rendendo più o meno evidente la produzione di certi inquinanti.

Le emissioni dei MCI sono costituite essenzialmente da:

* CO2 – anidride carbonica
* CO – monossido di carbonio, dovuto ad una combustione non completa
* HC – idrocarburi incombusti, dovuti ad una combustione non completa
* NOx – ossidi d’azoto, dovuti alle elevate temperature durante la combustione
* Particolato – presente in misura sensibile solo nei Diesel, dovuto sia a caratteristiche del combustibile che a caratteristiche della combustione

Da molti anni ormai esistono norme sempre più severe che pongono un limite alle emissioni, ed a tal riguardo si può fare riferimento alle normative EURO giunte alla EURO5 per quanto riguarda l’Europa, mentre analoghe normative sono presenti negli USA ed in Giappone, pur se con valori di riferimento differenti ma sempre nello stesso ordine di grandezza delle norme EURO.

Tali normative prevedono che ogni motore rispetti i livelli stabiliti nell’ambito di un test standard che prevede una serie di accelerazioni, decelerazioni e marcia a regime costante svolto in condizioni ambientali controllate.

Tali normative vengono rispettate nell’ambito di prova stabilito, ma al di fuori delle condizioni di test difficilmente i motori rispetteranno i limiti di emissione, e le cause di questo sono molteplici ed in parte da imputare a chi poi guiderà il veicolo in quanto il corretto funzionamento del motore richiede che l’utilizzatore adotti uno stile di guida ottimale, in assenza del quale risultano vanificati molti sforzi per limitare effettivamente le emissioni.

IL MOTORE AD ACCENSIONE COMANDATA

Come già descritto in precedenza, il motore a ciclo Otto prende il nome dal suo ideatore Nikolaus Otto, un ingegnere tedesco che sviluppò gli studi di Lenoir ed altri e realizzò un motore che rappresenta ancora oggi la base di tutti i motori a benzina a 4 tempi, anche se sarebbe più corretto indicarli come motori “ad accensione comandata” in quanto la combustione della miscela aria combustibile viene provocata dalla scintilla prodotta dalla candela.

Le quattro fasi che contraddistinguono un motore 4 tempi sono:

* aspirazione della carica (in genere una miscela aria-combustibile)
* compressione
* combustione e successiva espansione
* scarico

Una rappresentazione di tali fasi è possibile in un diagramma che presenta grandezze termodinamiche come assi x ed y, ed il diagramma più utilizzato per i motori è quello dove vengono indicate le pressioni ed i volumi.

Per un ciclo Otto ideale si ottiene: Immagine
La parte indicata dal tratto 0-1 corrisponde all’aspirazione della carica fresca, il tratto 1-2 alla compressione adiabatica (ovvero senza scambio termico con l’esterno), il tratto 2-3 alla combustione a volume costante, il tratto 3-4 all’espansione adiabatica dei gas combusti, il tratto 4-1 allo scarico spontaneo a volume costante, mentre lo scarico forzato coincide con il tratto 1-0 (percorso in verso opposto all’aspirazione).

In corrispondenza dei tratti 2-3 e 4-1 sono presenti rispettivamente un “ingresso di calore nel ciclo” ed una “cessione di calore dal ciclo”, così come teoricamente idealizzate da Otto, corrispondenti all’energia sviluppata dalla combustione ed alla cessione all’ambiente dell’energia residua (o non convertita in lavoro meccanico) dei gas combusti.

L’area compresa tra i vari tratti è la misura del lavoro meccanico ottenibile dal ciclo ideale.

Se termodinamicamente il ciclo Otto presenta delle differenze notevoli rispetto al ciclo Diesel (in quest’ultimo la combustione avviene a pressione costante, pertanto al tratto verticale 2-3 bisogna sostituirne uno orizzontale), da un punto di vista “pratico” la differenza apparente è costituita dalla modalità di accensione della miscela aria combustibile, in quanto nei motori a ciclo Otto si utilizza una scintilla provocata da una candela, mentre nel ciclo Diesel la combustione si innesca spontaneamente a causa dell’elevata pressione di fine compressione.

La scelta della modalità di accensione e la forma del diagramma termodinamico sono in realtà strettamente dipendenti, in quanto per potere realizzare una combustione a volume costante risulta necessario innescare la stessa nel momento desiderato, avendo avuto cura di evitare accensioni spontanee durante la compressione, e cercare di permettere un rapido sviluppo della stessa quando il pistone si trova al punto morto superiore PMS (ovvero nel punto di fine compressione, dove termina la fase ascendente ed inizia la discesa verso il punto morto inferiore PMI).

Un valido sistema per ottenere questo risultato è quello di innescare la combustione al PMS attraverso una scintilla, e fare propagare la fiamma rapidamente.

Anche le caratteristiche del combustibile devono essere adeguate, infatti esso deve garantire una forte resistenza all’autoaccensione per evitare che la combustione si inneschi spontaneamente, inoltre deve essere facilmente vaporizzabile in quanto la combustione avviene in fase gassosa.

In realtà il diagramma rilevabile dal funzionamento del motore risulta sensibilmente differente da questo, presentando piuttosto una forma del tipo: Immagine
Si nota come i singoli tratti non siano più nettamente riconoscibili, ed inoltre il tratto relativo all’aspirazione ed allo scarico forzato ora racchiudano un’area non nulla, e conseguentemente rappresenta il lavoro speso dal motore per il ricambio della carica, lavoro che va poi sottratto a quello utile del ciclo per potere valutare quello effettivamente disponibile all’albero motore.

COMBUSTIONE ED EMISSIONI

Perché la combustione proceda e sia il più completa possibile è necessario che la miscela presenti caratteristiche di omogeneità e proporzioni tra aria e combustibile tali da richiedere in genere una miscela omogenea e stechiometrica.

La miscela omogenea significa che nell’intero volume della camera di combustione il rapporto tra aria e combustibile deve essere costante, senza zone quindi dove la miscela sia più ricca o povera di combustibile, e questo al fine di una combustione migliore.

Le emissioni di questi motori, in virtù dell’insieme di caratteristiche che li contraddistinguono, sono essenzialmente costituite da:

* CO2
* HC
* NOx
* CO

Il CO e gli HC vengono prodotti dalla non completa combustione della carica, mentre gli NOx si formano a causa dell’elevata temperatura di combustione, pertanto per eliminare queste specie inquinanti si utilizza un catalizzatore trivalente, capace di ossidare gli HC e la CO formando CO2 ed H2O e ridurre gli NOx ad azoto molecolare (N2).

Il funzionamento del catalizzatore è molto delicato e richiede un’accurato bilanciamento delle specie da trattare, e pertanto la necessità di miscela stechiometrica diventa una condizione rigorosa nelle varie condizioni di funzionamento del motore.

Il catalizzatore è costituito in genere da un cilindro poroso prodotto in materiale ceramico, sul quale vengono depositati dei metalli nobili (i catalizzatori), ed il tutto viene racchiuso in un contenitore metallico collegato in serie allo scarico del motore: Immagine

IL MOTORE AD ACCENSIONE SPONTANEA

L’impiego della classificazione in base alla modalità di ignizione della carica come fatto anche in precedenza presenta il vantaggio di una maggiore generalità e rigorosità scientifica, ma d’altro canto rende meno comprensibile ai non “addetti ai lavori” l’identificazione di questi nell’ambito di quanto usato nella produzione, pertanto, anche se non risulta perfettamente corretto da un punto di vista scientifico, la definizione di “Motore ad Accensione Spontanea” diventerà sinonimo di motore a “ciclo Diesel”.

Analogamente che per il motore a ciclo Otto, le quattro fasi sono:

* aspirazione della carica (costituita in questo caso da sola aria)
* compressione della carica ed iniezione del combustibile in prossimità del punto morto superiore
* combustione e successiva espansione
* scarico

Anche in questo caso è possibile individuare un diagramma termodinamico tipico di questa modalità di funzionamento, ed esso è rappresentato nella seguente figura (diagramma Pressioni – Volumi): Immagine

La parte indicata dal tratto 0-a corrisponde all’aspirazione della carica fresca, il tratto a-b alla compressione adiabatica (ovvero senza scambio termico con l’esterno), il tratto b-c alla combustione a pressione costante, il tratto c-d all’espansione adiabatica dei gas combusti, il tratto d-a allo scarico spontaneo a volume costante, mentre lo scarico forzato coincide con il tratto a-0 (percorso in verso opposto all’aspirazione).

Analogamente al ciclo Otto, in corrispondenza dei tratti b-c e d-a sono presenti rispettivamente un “ingresso di calore nel ciclo” ed una “cessione di calore dal ciclo” che rappresentano rispettivamente l’energia sviluppata con la combustione e l’energia residua dei gas combusti.

Nei motori Diesel, a seguito della fase di compressione della sola aria si procede con l’iniezione del combustibile (gasolio), il quale necessita di un certo tempo per vaporizzare (e per favorire tale operazione si utilizza oggi l’iniezione ad alta pressione mediante Common Rail od Iniettore Pompa, mentre in passato si utilizzava un sistema oramai in disuso consistente in una precamera ad alta turbolenza affacciata sulla camera di combustione principale) e per diffondersi nella massa d’aria.

L’elevata temperatura raggiunta dall’aria a seguito della compressione porta, in presenza di un rapporto locale aria combustibile adeguato, alla nascita di tanti nuclei di fiamma distribuiti in tutto il volume dai quali si svilupperanno i vari fronti di fiamma.

Con il procedere della combustione e quindi dell’espansione dei gas, l’iniezione del combustibile procede e la vaporizzazione dello stesso viene ora agevolata dall’elevatissima temperatura di combustione.

Il procedere della combustione durante l’espansione permette, almeno a livello teorico, di considerare la combustione a pressione costante in quanto l’incremento di pressione dei gas combusti viene compensato dall’aumentato spazio fisico a disposizione durante l’espansione.

COMBUSTIONE ED EMISSIONI

La combustione si sviluppa pertanto in due fasi ben distinte, la prima (corrispondente al primo picco nel diagramma seguente) rappresenta una combustione rapida dovuta ai molti nuclei di combustione che si sviluppano inizialmente, mentre la seconda parte viene detta “fase diffusiva” in quanto il suo andamento è strettamente legato alla diffusione del combustibile che viene iniettato nella massa di aria e gas combusti presenti: Immagine
La fase diffusiva porta alla produzione di particolato in misura sensibile, e per evitare un produzione di fumosità costante i motori Diesel sono limitati ad operare con un forte eccesso di aria rispetto alle condizioni stechiometriche.

Tra gli inquinanti prodotti dai Diesel quindi si rilevano:

* CO2
* HC
* NOx
* CO
* Particolato

Il CO e gli HC vengono prodotti dalla non completa combustione della carica, ma in virtù del forte eccesso d’aria usato nei motori Diesel il loro quantitativo non è in genere sensibile, mentre gli NOx si formano a causa dell’elevata temperatura di combustione e sono agevolati per via dell’eccesso d’aria, pertanto si utilizzano sistemi come il ricircolo all’aspirazione dei gas combusti (EGR – Exhaust Gas Recirculation).

I motori Diesel, grazie ad una regolazione del carico, ovvero della potenza erogata, che opera sul rapporto relativo aria combustibile e non sulla quantità assoluta di carica aspirata, permette di non utilizzare la valvola a farfalla per limitare la portata d’aria in ingresso (in quanto nei Diesel l’aria che viene aspirata è sempre la stessa quantità, ciò che cambia è quanto combustibile si inietta) e questa assenza migliora la resa del motore, con benefici in termini di rendimento.

Soluzioni come la sovralimentazione e l’EGR verranno introdotte e riprese in seguito quando verranno esaminate le soluzioni adottate per migliorare i motori.
[I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] e [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] sono i miei soci - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!]
Immagine
I link di Astra Club Italia: [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!]
ImmagineImmagine
Avatar utente
GreyOwl
SOCIO N° 183
Resp. Club Esteri
Referente Regionale:
Toscana

Collaboratore
 
Messaggi: 4848
Iscritto il: 11/05/2007, 15:09
Località: Prato
La tua Astra: Astra H
Caratteristiche: 5p GTS

Re: I motori a combustione interna

Messaggiodi GreyOwl » 30/11/2010, 23:29

Motori a Combustione Interna: il Wankel

DAL MOTO ALTERNATIVO AL MOTO ROTATIVO

Finora abbiamo esaminato motori nei quali l’espansione dei gas conseguenti alla combustione agiva spingendo un pistone in grado di muoversi di moto alternato che veniva poi convertito da un semplice manovellismo (l’albero motore) in moto rotatorio.

Il motore di cui andremo a parlare presenta la particolarità di non richiedere questa conversione in quanto il pistone stesso si muove di moto rotatorio, infatti stiamo parlando del Motore Wankel.

Il motore Wankel, ideato nel 1950 da Felix Wankel, utilizza un particolare “pistone” rotante a forma grossomodo triangolare con i lati curvi, il cui rotolamento in una camera di forma opportuna, permette di realizzare le varie fasi canoniche di un motore, ovvero l’aspirazione della carica, la compressione e la combustione della stessa ed infine lo scarico dei gas combusti.

Un esempio di motore Wankel è presentato nella seguente immagine:
Immagine

Si possono distinguere chiaramente le parti principali del motore, ovvero il pistone, la camera (o per meglio dire la parte statorica) e l’albero motore, oltre che individuare le due luci di aspirazione e scarico, in quanto nel motore Wankel è il pistone stesso ad aprire e chiudere le luci andandole a coprire o scoprire in funzione delle fasi del ciclo.

Il funzionamento di questo motore è ben rappresentato nelle seguenti due immagini:
ImmagineImmagine

Nella prima immagine viene mostrata la fase di aspirazione della carica fresca, con il pistone che ruota e trasferisce la carica vero la sezione dove si trovano le candele, mentre nella seconda immagine viene rappresentata la combustione.

Successivamente ad essa, la rotazione del pistone permette di operare con lo scarico dei gas combusti e di ricominciare il ciclo con una nuova aspirazione della carica.

La camera di combustione (od almeno parte di essa) è ricavata sagomando opportunamente le facce del pistone ricavando una “tasca” in esse.

IL MOTORE WANKEL TRA BENEFICI E PROBLEMI

Il motore Wankel presenta alcune caratteristiche costruttive che consentono allo stesso di sviluppare elevate potenze unitarie sia rispetto alla cilindrata che rispetto al peso, oltre che permettere una maggiore silenziosità rispetto ai motori tradizionali.

Importante anche notare come tale motore non sia affetto da vibrazioni dovute a parti dotate di moto alternato (vibrazioni di secondo ordine).

I vantaggi appena descritti vengono però bilanciati da una serie di complicazioni e svantaggi per i quali in certi casi ancora oggi si hanno notevoli difficoltà nell’affrontarli in maniera completamente soddisfacente.

Un primo punto negativo è rappresentato dalla scarsità di coppia motrice ai bassi regimi, mentre andando ad esaminare con maggiore cura la forma della camera di combustione si nota che essa è di forma molto allungata.

A causa di questa forma (caratteristica piuttosto negativa ai fini di una buona combustione, e problema comune anche ai motori di Formula 1) risulta in genere adottata una soluzione Twin Spark, ovvero dotata di due candele che possono operare in sincronia tra loro o con un opportuno sfasamento al fine di gestire in maniera più versatile l’innesco della combustione.

Il continuo strisciamento degli spigoli del pistone inoltre usura rapidamente la parte statorica del motore causando trafilamenti della carica, e per ovviare a ciò (seppure non completamente) sono richiesti trattamenti superficiali volti a rendere il materiale maggiormente durevole a tali sollecitazioni.

Un ulteriore problema è rappresentato dalla necessità di una costruzione delle parti estremamente precisa, con l’impiego quindi di processi produttivi più costosi rispetto a quelli di un motore tradizionale.

Tutte queste caratteristiche hanno limitato pesantemente il motore Wankel, che ad oggi trova applicazione nei settori dove la leggerezza e l’elevata densità di potenza sono parametri fondamentali, come piccoli motori per ultraleggeri, mentre nell’ambito delle due e quattro ruote il loro impiego risulta estremamente limitato, esistendo ad oggi solo un produttore automobilistico che investe in essi (Mazda con la Rx8) mentre in passato vi sono stati alcuni esempi anche di moto dotate di motore Wankel.

Motori a Combustione Interna: la Sovralimentazione

UNA PRATICA VECCHIA EPPURE NUOVISSIMA

La sovralimentazione nasce come tecnica per ripristinare negli aerei, in passato propulsi mediante motori alternativi ed elica, le condizioni atmosferiche di riferimento al variare della quote.

E’ logico pensare che per un aereo, al variare della quota (e pertanto della densità dell’aria) si presentino problemi di prestazioni del motore dovute alla rarefazione dell’aria comburente, con conseguenti rischi di spegnimenti o malfunzionamenti quando la densità dell’aria è tale da non permettere una combustione stabile della miscela aria combustibile.

La soluzione a tale problema venne individuata dotando i motori aeronautici di piccole unità di sovralimentazione in grado di garantire un valore di compressione dell’aria aspirata adeguato al ripristino delle condizioni di riferimento (atmosferiche) permettendo così una migliore efficienza dei motori.

La pratica della sovralimentazione venne allora estesa, non più quindi come “metodo per ripristinare le condizioni di riferimento”, bensì come pratica normale per incrementare la potenza specifica dei motori, in quanto l’incremento della densità dell’aria aspirata a parità di condizioni ambientali permetteva un sensibile innalzamento della potenza specifica del motore, con benefici evidenti in quanto era così possibile a parità di potenza del motore, impiegare motori di cilindrata ridotta, oppure di disporre a parità di cilindrata, di potenze molto più elevate.

La tecnica della sovralimentazione, così come moltissimi miglioramenti dell’industria motoristica aeronautica, sono stati trasmessi all’industria automobilistica che ha potuto beneficiare di ciò fintantoché l’aeronautica si è servita di motori alternativi per la propulsione.

Fatta questa piccola premessa è importante ora andare a vedere in cosa consiste la sovralimentazione, e su quali sono le soluzioni impiegate nel settore automobilistico a tal riguardo.

METODI PER LA SOVRALIMENTAZIONE

La sovralimentazione viene praticata impiegando opportuni sistemi in grado di comprimere l’aria in ingresso nel collettore di aspirazione, e la macchina comunemente impiegata per ciò è il Compressore.

L’azionamento e la tipologia del compressore porta alla nascita di diverse soluzioni per la sovralimentazione, in particolare si possono individuare due famiglie di compressori impiegati correntemente nei motori stradali:

* compressori volumetrici

* compressori dinamici

Esempi di compressori volumetrici sono il compressore Roots, il compressore a vite, a palette e simili, mentre i compressori dinamici ricadono tra le turbomacchine (e quindi operano la compressione mediante la variazione dei triangoli di velocità) e sono quelli più utilizzati attualmente.

Compressore Roots
Immagine

Compressore dinamico
Immagine

L’azionamento del compressore può essere di due tipi:

* diretto dall’albero motore

* a gas di scarico

La scelta del sistema di azionamento piuttosto che del tipo di compressore rappresenta un punto piuttosto importante per la sovralimentazione di un motore.

COMPRESSORE AD AZIONAMENTO DIRETTO: IL ROOTS

Lo scorso post si concludeva indicando le modalità di azionamento del compressore, ovvero “diretto dall’albero motore” o “a gas di scarico“, pertanto riprendendo da quel punto andiamo a vedere in cosa consistono tali modalità e quale effetto hanno nel funzionamento del motore.

La sovralimentazione mediante azionamento diretto dall’albero motore consiste nell’impiego di un compressore volumetrico collegato meccanicamente all’albero a motore, e pertanto operando ad un regime di rotazione direttamente proporzionale dello stesso.

Un grande vantaggio di questa soluzione consiste nell’immediatezza di risposta della sovralimentazione, non essendo presente alcuna causa di “turbo-lag” (termine impiegato per indicare il ritardo di risposta della sovralimentazione, tipica delle soluzioni a turbocompressore), inoltre adoperando compressori volumetrici si ha una certa “omogeneità” di funzionamento tra il motore ed il sovralimentatore, essendo il motore stesso una macchina volumetrica.

Lo svantaggio della soluzione meccanica è costituito dall’assorbimento di potenza del compressore, potenza che viene sottratta per l’appunto direttamente dall’albero motore e quindi nel computo totale se ne deve tenere conto.

Tale soluzione non viene impiegata largamente dalle case costruttrici, anche se non mancano vetture dotate di compressore volumetrico, e due esempi commerciali tra tutti sono rappresentato dal “kompressor” Mercedes e dalle soluzioni adottate dalla Lotus.

Come già detto possono venire impiegati compressori “tipo Roots” oppure di tipo “a vite“, anche se la soluzione in genere impiegata consiste nel primo dei due:

Compressore Roots
Immagine

La particolarità del compressore Roots è quella di non operare direttamente la compressione del fluido, operando bensì una semplice traslazione del fluido, mentre la compressione avviene in quanto il fluido viene “forzato” nell’ambiente a maggiore pressione dall’azione delle palette senza potere rifluire verso l’ambiente a bassa pressione.

Particolare dei lobi
Immagine

Direzione del flusso
Immagine

Il numero di lobi può variare, anche se solitamente si impiega una costruzione a due o tre lobi, e questi possono avere un’estensione in profondità secondo un “profilo avvolto“, frutto dello sviluppo del Roots ad opera della Eaton, che ha portato all’impiego di 3 lobi a 120° per ogni girante al posto dei canonici 2 disposti a 180°, oltre che del già menzionato “avvolgimento” dei rotori.

Una caratteristica molto importante del compressore Roots è la sua capacità di fornire una portata di aria linearmente crescente con la velocità di rotazione del motore, inoltre la costruzione relativamente semplice (essendo costituito da poche parti in movimento, anche se realizzate con grande precisione superficiale) lo rende un dispositivo estremamente affidabile, ma tra le caratteristiche negative è importante evidenziare un crollo del rendimento al crescere della velocità di rotazione che spesso rappresenta un limite alla sua adozione.

Un tipico andamento del rendimento di un compressore Roots è il seguente:
Immagine

Come si può chiaramente notare dal diagramma, fissando la velocità di rotazione del motore, si evidenzia come al crescere del rapporto tra le pressioni di ingresso ed uscita del Roots (muovendosi quindi verticalmente) il rendimento si riduca in maniera sensibile, ed analoghe considerazioni possono venire svolte per quanto riguarda la variazione del rendimento con la velocità di rotazione, pertanto fissando un rapporto tra le pressioni e muovendosi in orizzontale si sperimenta un analogo crollo di efficienza.

Proseguendo sul tema sviluppato precedentemente, andremo ora a parlare sempre di sovralimentazione, ed in particolare di Turbo-Sovralimentazione.

QUANDO IL COMPRESSORE INCONTRA LA TURBINA

La sovralimentazione mediante turbocompressore nasce dall’idea di sfruttare l’energia residua contenuta nei gas combusti allo scarico, altrimenti perduta e dissipata nell’ambiente.

Questa energia è dovuta all’incompleta espansione dei gas combusti all’interno del cilindro, “incompletezza” indesiderata ma necessaria per permettere di ridurre il lavoro di pompaggio, infatti, se i gas combusti espandessero completamente (fino alla pressione atmosferica) all’interno del cilindro, nella fase di scarico non si avrebbe uno scarico spontaneo dovuto alla differenza di pressione tra cilindro ed ambiente esterno (atmosferica) e tutto il lavoro necessario per questa fase dovrebbe venire fornito dal pistone durante la fase di risalita, lavoro che con una parte di scarico spontaneo viene ridotto.

Dal diagramma di funzionamento di un motore (in questo caso a ciclo Otto, ma è analogo per il ciclo Diesel) è possibile individuare questa “energia residua”:
Immagine

Proseguendo idealmente le curve 1-2 e 3-4 sulla destra fino al loro congiungimento. si individua nell’area racchiusa tra di esse e la curva 4-1 il lavoro ancora estraibile dall’espansione dei gas combusti.

E’ importante evidenziare come questo diagramma sia esclusivamente ideale, ma anche nel “diagramma indicato” del motore (ovvero quello reale) sia sempre presente (anche se meno distinguibile per via grafica) una quota di lavoro perduto allo scarico, inoltre questi diagrammi non sono rappresentativi di tutti i regimi di funzionamento del motore, bensì si ha un diagramma per ogni valore del carico con differenze tra di essi più o meno rilevanti, anche ai fini della quantità di energia estraibile dai gas di scarico.

Lo sfruttamento di questa energia avviene come già detto installando una turbina e collegando rigidamente ad essa la macchina che andrà poi a svolgere il lavoro di compressione dell’aria, ovvero un compressore (che in questo caso sarà di tipo dinamico).

Lo schema di un motore sovralimentato mediante turbocompressore è rappresentato nella seguente figura:
Immagine

Come evidente dall’immagine, i gas combusti percorrono un condotto (nella realtà piuttosto breve) fino ad incontrare una turbina (di tipo radiale) che, messa in movimento grazie all’energia residua dei gas di scarico permette di azionare il compressore (anch’esso radiale) attraverso una connessione rigida.

I due flussi (aria e gas di scarico) sono tenuti separati su due condotti differenti in quanto le due macchine costituenti il turbocompressore sono racchiuse da due casse a forma di coclea separate fluidodinamicamente.

L’impiego di turbomacchine radiali è dovuto alla necessità di ottenere rapporti di espansione/compressione (rispettivamente per turbina e compressore) abbastanza elevati in rapporto alle dimensioni che il turbocompressore può assumere ed in rapporto anche alle portate non elevate in gioco in un motore.

CARATTERISTICHE DELLA TURBOSOVRALIMENTAZIONE

La sovralimentazione mediante turbocompressore rappresenta apparentemente la soluzione migliore rispetto alla soluzione volumetrica presentata lunedì scorso, infatti la possibilità di recuperare dell’energia che altrimenti sarebbe stata perduta con l’espulsione dei gas combusti induce a pensare che il “peso energetico” del turbocompressore sia nullo, in quanto non gravi sull’energia fornita dal motore, ma nella realtà le cose sono un po’ differenti.

Un primo problema risiede nell’effetto “tappo” che la turbina e quanto ad essa collegato generano sul condotto di scarico, infatti il turbocompressore porta ad avere una contropressione allo scarico che influenza il motore in maniera non trascurabile.

Un secondo problema rappresenta la difficoltà di “accoppiamento” tra il sovralimentatore ed il motore, in quanto si tratta di accoppiare una macchina dinamica, caratterizzata da condizioni di funzionamento tipiche di queste macchine, con una macchina volumetrica quale è il motore, e su questo aspetto si sviluppano differenti soluzioni in base alle necessità di ottimizzazione del funzionamento dell’insieme motore-sovralimentatore.

La turbosovralimentazione segue due schemi tipici, in base alla modalità di collegamento tra motore e turbina, e si parla di:

* Sovralimentazione a Pressione Costante
* Sovralimentazione ad Impulsi
Immagine

La sovralimentazione a Pressione Costante si ottiene collegando il turbocompressore al motore mediante un collettore di scarico di dimensioni “generose”, capace perciò di smorzare gli impulsi ad alta pressione tipici dello scarico di un motore permettendo alla turbina di operare in condizione maggiormente stazionarie, anche se con livelli di pressione inferiori.

Con questo sistema si privilegia l’efficienza della turbina a scapito delle pure prestazioni, ed è ovviamente il sistema adottato in ambito stradale.

La sovralimentazione ad Impulsi prevede invece un collegamento privo di un grosso collettore, ed in questo modo la turbina si trova ad operare in condizioni maggiormente instazionarie risentendo dei singoli impulsi forniti dallo scarico, ma permette di operare a livelli di pressione più elevati.

Questa soluzione è stata largamente impiegata nel settore sportivo, dove la pura prestazione (anche a scapito della bontà di erogazione della potenza) rappresenta il parametro più importante.

A titolo di esempio i motori di Formula1 degli anni ’80 erano capaci con soli 1500cc di cilindrata di sviluppare potenze dell’ordine dei 1200cv, ma erano anche caratterizzati da una scarsa qualità nell’erogazione.

Un fenomeno tipico della turbosovralimentazione è il cosiddetto Turbo-Lag, ovvero il ritardo nella risposta del sovralimentatore in presenza di una richiesta sul pedale del gas, fenomeno fortemente presente nelle vetture di Formula1 di cui si è accennato, ma oggi fortemente ridotto in virtù sia del progresso nei turbocompressori, sia della mutata esigenza dei motori moderni.

Nella concezione moderna della turbosovralimentazione si tende ad impiegare piccole unità con lo scopo di consentire un downsizing dei motori a parità di potenza, e per fare ciò si punta ad impiegare macchine capaci di fornire rapidamente un contributo, ma ovviamente, per motivi di taglia, al crescere del carico richiesto si presenta la necessità di bypassare parte dei gas di scarico eccedenti la portata nominale della turbina direttamente allo scarico.

Tale bypass è tanto maggiore quanto inferiore è la taglia della turbina, e la scelta di questa è frutto del compromesso tra prestazioni e bontà di erogazione della potenza, pertanto quando si impiegano piccoli turbocompressori si parla anche di Turbo-Soft, ovvero di motori turbocompressi non eccessivamente spinti.

Ina soluzione impiegata per migliorare le prestazioni ed il rendimento del turbocompressore consiste nell’impiego di una turbina a geometria variabile.

La turbina a geometria variabile in realtà presenta solamente lo statore a geometria variabile, in quanto una macchina radiale presenta delle difficoltà notevole nel rendere possibile una variazione della geometria della palettatura rotorica, ma l’adozione del solo statore variabile rappresenta comunque un miglioramento consistente in quanto, al variare del carico e quindi della velocità dei gas di scarico che evolvono in turbina, si ha la variazione del triangolo di velocità all’ingresso della stessa, con conseguente calo di rendimento della turbina.

Lo statore a geometria variabile consente di indirizzare il flusso al meglio consentendo quindi una maggiore efficienza ed una maggiore regolabilità della sovralimentazione:
Immagine

Principio di funzionamento
Immagine

SOVRALIMENTAZIONE AD ONDE DI PRESSIONE – IL COMPREX

Una soluzione particolare, che ha avuto un certo periodo di interesse da parte dei motoristi, ma che poco impiego ha avuto in pratica è basata su un particolare dispositivo chiamato Comprex, inventato dalla Brown Boveri negli anni Ottanta.

Il principio alla base del Comprex consiste nel volere sfruttare in maniera diretta l’energia residua dei gas di scarico per “forzare” i gas freschi in fase di aspirazione, e la modalità con la quale questa azione viene svolta consiste nell’impiego di un condotto cilindrico all’interno del quale sono ricavati dei condotti lungo tutta la profondità dello stesso e, mediante opportune deviazioni dei condotti di aspirazione e scarico, si rende possibile lo sfruttamento di questo effetto.

Poiché un’immagine è più esplicativa di mille parole, vediamo come è fatto il Comprex e come funziona:

Comprex
Immagine

Installazione del Comprex e suo funzionamento
Immagine

Nella prima immagine è visibile la forma della girante che costituisce il Comprex, in particolare sono ben visibili i canali ricavati all’interno del dispositivo stesso, mentre nella seconda immagine si vede l’installazione ed il funzionamento del Comprex all’interno del motore.

Il Comprex ruota solidale all’albero motore, con un rapporto ben definito tra la sua velocità di rotazione e quella del motore stesso, e tale rotazione mette in comunicazione una parte dei settori del Comprex con l’aspirazione e con lo scarico.

I gas freschi entrano come visibile in figura nella sezione più in basso (colorati in blu) e, grazie alla rotazione del Comprex vengono “traslati” verso la sezione del condotto di aspirazione vero e proprio.

Contemporaneamente i gas di scarico seguono un percorso analogo, ritrovandosi durante la loro traslazione ad entrare in contatto nelle stesse sezioni dei condotti del Comprex con i gas freschi.

Poiché tra i due gas vige una forte differenza di pressione, i gas combusti “cedono” una parte della loro energia ai gas freschi prima che entrambi vengano traslati verso le rispettive sezioni di aspirazione e scarico.

In questo modo i gas freschi vengono “spinti” per via di questo fenomeno d’onda che si viene a creare verso l’aspirazione con un considerevole incremento di pressione.

Tale sistema per certi versi risulta essere uno dei più semplici, ma i limiti che lo hanno sempre contraddistinto sono legati alla contaminazione dei gas freschi ad opera dei gas combusti (è inevitabile un minimo di miscelamento) ed al riscaldamento della carica fresca che richiede un sistema di refrigerazione (intercooler) per evitare effetti negativi sul coefficiente di riempimento del motore.

Applicazioni in campo automobilistico sono state piuttosto scarse, e si ricorda l’impiego fugace ad opera della Ferrari 126cx.

IL TURBOCOMPOUND

Tra i metodi particolari di impiego delle turbine nei motori si deve evidenziare la soluzione Turbocompound, la quale consiste nell’installazione di una turbina che recupera energia dai gas combusti e la cede all’albero motore attraverso un collegamento meccanico con esso.

Tale soluzione, utilizzata soprattutto in passato nel settore aeronautico, consente mediante una turbina dotata di geometria apposita (tale da generare un minore effetto di contropressione allo scarico del motore) di ridurre il consumo specifico di carburante a parità di potenza erogata in quanto opera un recupero di energia altrimenti perduta, restituendola all’albero motore.
Immagine

L’immagine soprastante illustra in maniera molto semplice lo schema di funzionamento di tale soluzione, mentre un esempio di turbocompound applicato in serie ad il turbocompressore è illustrato nella seguente immagine
Immagine

SOLUZIONI COMPOSITE VOLUMETRICO-TURBOCOMPRESSE

Pur non trattandosi di soluzioni particolarmente innovative in se stesse, in quanto vengono utilizzati dispositivi già impiegati singolarmente, l’idea alla base delle soluzioni composite era quella di sfruttare i benefici di entrambe minimizzandone gli svantaggi proprio in virtù del loro utilizzo combinato.

Come già esposto in un post precedente, il compressore volumetrico presenta il vantaggio della grande prontezza di risposta sin dai bassi regimi in virtù del collegamento diretto tra motore e sovralimentatore.

Soluzioni adottate soprattutto in ambito sportivo prevedevano il bypass del volumetrico superato un certo regime di rotazione del motore, ovvero quando il turbocompressore (di cui abbiamo parlato nel precedente post) si trovava nelle condizioni ottimali di funzionamento.

Tra le varie implementazioni si ricorda con piacere la mitica Lancia Delta S4, la cui breve storia è stata legata all’ormai defunto Gruppo B del Mondiale Rally e purtroppo funestata dalla morte della coppia Toivonen – Cresto.

fonte: [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!]
[I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] e [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] sono i miei soci - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!]
Immagine
I link di Astra Club Italia: [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!]
ImmagineImmagine
Avatar utente
GreyOwl
SOCIO N° 183
Resp. Club Esteri
Referente Regionale:
Toscana

Collaboratore
 
Messaggi: 4848
Iscritto il: 11/05/2007, 15:09
Località: Prato
La tua Astra: Astra H
Caratteristiche: 5p GTS

Re: I motori a combustione interna

Messaggiodi GreyOwl » 30/11/2010, 23:40

Fenomeni Dinamici nei Motori a Combustione Interna: gli effetti Inerziali

Dopo avere concluso nel precedente post il tema della sovralimentazione nei motori a combustione interna, andiamo quest’oggi a parlare di un argomento che non risulta completamente indipendente da quello appena terminato, in quanto andremo a parlare degli effetti dinamici e d’onda nei condotti di aspirazione del motore, fenomeni che per certi versi possono fornire una sorta di “sovralimentazione” al motore… ma vediamo più in dettaglio di cosa si tratta.

SISTEMI DI ASPIRAZIONE E SCARICO NEI MOTORI A COMBUSTIONE INTERNA

I motori a combustione interna comunicano con l’ambiente esterno tramite condotti di aspirazione e di scarico, i quali vengono impiegati rispettivamente per portare l’aria necessaria alla combustione dall’ambiente esterno alla camera di combustione e per evacuare all’esterno i prodotti della combustione.

Il numero e le dimensioni di tali condotti possono essere le più differenti, in funzione delle caratteristiche del motore condotti possono essere più di uno per tipo per ogni cilindro, in base alle caratteristiche costruttive del motore, con conseguente variazione della complessità dell’insieme.

Le funzioni demandate a tali condotti sono diverse, ed in particolare si individuano (rif. G.Ferrari – Motori a Combustione Interna):

* favorire con il loro comportamento dinamico il processo di sostituzione della carica alla fine di ogni ciclo;
* collegare da un punto di vista fluidodinamico il motore ad un eventuale gruppo di sovralimentazione;
* attenuare il rumore causato dalle onde di pressione generate dall’instazionarietà dei processi che hanno luogo nel sistema cilindro-condotti;
* offrire una soluzione adeguata a diverse problematiche di natura pratica come: garantire un buon filtraggio, permettere un facile accesso agli organi del motore eventualmente coperti, adattarsi allo spazio disponibile, ecc.;
Immagine

Ricollegandosi a quanto esposto nei precedenti post sulla sovralimentazione, è possibile individuare una certa similitudine tra il primo punto di questa lista e la sovralimentazione stessa, come risulterà maggiormente evidente nel seguito.

Poiché il moto del pistone risulta essere di tipo discontinuo (moto alternato), in corrispondenza dell’apertura delle valvole di aspirazione e di scarico vengono messi in comunicazione la camera di combustione e l’ambiente esterno.

La pressione all’interno della camera di combustione dipende dalla particolare fase che sta venendo elaborata nel motore, in particolare durante la fase di aspirazione la pressione interna al cilindro sarà inferiore a quella esterna e pertanto, all’apertura delle valvole di aspirazione, si verrà a creare un moto di aria (od eventualmente di miscela aria-combustibile nel caso di iniezione indiretta) che entrerà nel cilindro.

Durante la fase di scarico invece la pressione dentro il cilindro sarà quella di fine combustione, pertanto più elevata di quella esterna, e con l’apertura delle valvole di scarico si avrà un moto di gas combusti verso l’ambiente esterno.

Questi flussi di aria o gas combusti saranno periodici in funzione della velocità del motore, e porteranno alla nascita di un fenomeno fluidodinamico che, se ben sfruttato, può migliorare il riempimento o lo svuotamento del cilindro.

I FENOMENI INERZIALI

Limitandosi ai motori a quattro tempi ed alle caratteristiche dell’aspirazione, si comprende bene come questo moto periodico dell’aria in aspirazione possa influenzare il riempimento, ed in particolare il susseguirsi delle successive fasi di aspirazione e di scarico avviene con una certa frequenza che, se opportunamente correlata con la frequenza propria del sistema gassoso contenuto nei condotti, permette di sfruttare l’inerzia dei gas convertendo l’energia cinetica (generata dal pistone nella prima parte della sua corsa) da essi posseduta in energia di pressione nel tratto finale della fase di aspirazione.

Per valutare quantitativamente questa energia si può considerare la seguente relazione:

Ec=½mu2 = ½ρLS ~ L/S

Pertanto a parità di regime di rotazione del motore e del carico (che influenza direttamente il volume aspirato nel caso dei motori ad accensione comandata) si ha una dipendenza di tale fenomeno con la lunghezza dei condotti e la loro sezione.

In realtà parte della massa è contenuta nel cilindro, e pertanto il sistema può venire correttamente rappresentato da un risonatore di Helmholtz:

Senza entrare in dettagli che possono venire esaminati dalla pagina linkata sopra, sviluppando le equazioni e facendo le opportune assunzioni, si individua che la frequenza propria del sistema è:

f0 = ω0/2π = (a/2π)·√(S/LVm)

dove Vm rappresenta il volume medio in quanto il valore istantaneo varia costantemente.

L’accordo migliore risulta quello ottenuto per valori pari (2, 4, 6,… in particolare per il valore 2) del rapporto tra la frequenza propria del sistema e quella del motore (ottenuta dal regime di rotazione) e svolgendo le semplificazioni si ottiene:

f0 ≈ 2fm = 2n

pertanto sostituendo si ha:

n0 ≈ (a/4π)·√(S/LVm)

A questo punto sono immediate le seguenti considerazioni (rif. G.Ferrari – Motori a Combustione Interna):

* a parità di cilindrata unitaria, volendo ridurre il regime ottimale del motore, si può procedere nei seguenti modi:

1. a parità di lunghezza L del condotto, diminuire la sezione S dello stesso;
2. a parità di sezione S del condotto, aumentare la lunghezza L dello stesso;
3. in generale, diminuire il rapporto S / L;

* a pari cilindrata unitaria e regime ottimale, risulta fissato il rapporto S / L, per cui si potranno adottare:

1. piccole sezioni e condotti corti;
2. grandi sezioni e condotti lunghi;

* a pari regime ottimale, in corrispondenza di un aumento della cilindrata unitaria sarà necessario:

1. aumentare S ad L costante;
2. aumentare il rapporto S / L, in proporzione a Vm;

Analoghi ragionamenti e considerazioni possono venire sviluppate per la sezione di scarico, tenendo presente che nel motore 4 tempi questi fenomeni possono favorire il corretto svuotamento della camera di combustione agevolando e completando il lavoro svolto dal pistone nella fase finale del processo di scarico.

Tali fenomeni non sono gli unici ad avvenire nei condotti dei motori a combustione interna, e limiti di spazio mi portano a rimandare nel prossimo post la loro trattazione, post nel quale andremo anche a presentare le soluzioni tecniche più raffinate adottate dalle case automobilistiche al fine di sfruttare opportunamente questi fenomeni…

Fenomeni Dinamici nei Motori a Combustione Interna: i fenomeni d’onda

Come ampiamente esposto in precedenza, mediante i fenomeni inerziali si può ottenere una sorta di sovralimentazione del motore, anche se è meglio parlare di “miglioramento del coefficiente di riempimento”, ma esiste un altro tipo molto importante di fenomeni che influenzano in maniera evidente il processo di lavaggio, e sono i Fenomeni d’Onda.

I FENOMENI D’ONDA: COSA SONO E COME SI ORIGINANO

I fenomeni d’onda sono effetti prodotti dalle onde di pressione che si propagano attraverso i sistemi di aspirazione e di scarico, riflettendosi ad ogni discontinuità secondo le leggi della gasdinamica.

L’origine di questi fenomeni è dovuta alla forte differenza di pressione tra l’ambiente esterno (o dei collettori di aspirazione e scarico) ed il cilindro nelle varie fasi nelle quali le valvole vengono aperte.

L’apertura delle valvole di aspirazione e scarico rappresentava anche la causa della nascita dei fenomeni inerziali, ma i fenomeni d’onda si differenziano sostanzialmente da questi in quanto si tratta non più di una massa di aria (o miscela aria combustibile) che per via dell’inerzia in suo possesso si comporta come un sistema massa molla muovendosi nei condotti, bensì di una serie di onde di pressione (del tutto analoghe alle onde sonore) che si propagano alla velocità del suono (ovviamente riferita alle condizioni termodinamiche presenti nel mezzo, in quanto la velocità del suono non è una costante) dalla sezione delle valvole ai collettori e viceversa, riflettendosi e smorzandosi durante questo percorso.

In presenza di queste onde di pressione si individua la possibilità di sfruttarle (opportunamente fasate con le necessità del motore) per migliorare le fasi di aspirazione e scarico, ma per fare ciò è importante comprenderne a fondo i meccanismi, pertanto è conveniente distinguere tra i fenomeni d’onda che avvengono a valvola aperta e quelli che avvengono a valvola chiusa, riferendosi inizialmente al solo condotto di aspirazione ed estendere successivamente le relazioni trovate al condotto di scarico.

Fenomeni d’onda a valvola aperta

I fenomeni d’onda che avvengono a valvola aperta influenzano direttamente l’ingresso nel cilindro della carica fresca e possono venire studiati considerando che il moto del pistone, durante la prima parte della corsa di aspirazione, genera (dal lato valvola) un’onda di depressione che si propaga nel condotto con la velocità del suono, fino alla prima discontinuità ( che potrà essere l’ambiente, un volume in serie, una connessione con altri condotti, ecc.), presentante un brusco aumento di sezione.

Poiché il volume a valle risulta grande rispetto a quello del condotto, la differenza di pressione tra il condotto e l’ambiente esterno deve annullarsi nella sezione terminale del primo.

Questa condizione al contorno prevede che nella sezione aperta venga generata un’onda di pressione di segno opposto (in questo caso di compressione) di quella incidente che risale il condotto, in modo da annullare la differenza di pressione nella sezione terminale.

Se l’onda di compressione riflessa torna verso la valvola nella seconda metà della fase di aspirazione (circa 90° dopo il PMS), provoca un aumento di pressione risultante proprio quando il pistone non è più in grado di aspirare carica fresca, favorendo il riempimento.

Può essere utile ragionare non più in termini di tempi ma di angoli di manovella i quali risultano proporzionali ai primi attraverso la velocità angolare (che varia tra un valore massimo ed un valore minimo durante un ciclo, ma che è mediata attraverso un opportuno volano) e definire un parametro utile per questa trattazione, cioè la frazione (in gradi) dell’angolo di manovella Δθ corrispondente al tempo Δt = L / a necessario ad un impulso di pressione per compiere la lunghezza L del condotto alla velocità del suono a:

Δθ = 360°n Δt = 360°nL/a

La condizione ottimale a valvola aperta per sfruttare questi fenomeni può essere espressa come segue:

2Δθ ≈ 90°

E’ possibile quindi scrivere :

nL ≈ (90° / 720°)a = a/8

Dalla relazione precedente è evidente come per sfruttare questi fenomeni sia necessario disporre di condotti sufficientemente lunghi e/o regimi di funzionamento elevati.

Per quanto riguarda lo scarico, anche in questo caso vale il ragionamento svolto finora, con la particolarità che in questo caso all’apertura della valvola di scarico nasce nel condotto di scarico un’onda di compressione che si propaga lungo di esso alla velocità del suono fino a raggiungere l’ambiente esterno dove si riflette con segno opposto (diventando di espansione) e ritorna alla valvola di scarico.

Se la valvola di scarico è ancora aperta e se risulta aperta contemporaneamente anche la valvola di aspirazione (periodo di incrocio), si ha un evidente beneficio nel lavaggio grazie all’onda di espansione.

Fenomeni d’onda a valvola chiusa

Per trattare i fenomeni d’onda a valvola chiusa, è importante tenere presente che la valvola rimane chiusa per un intervallo angolare elevato (540° teorici) per ogni ciclo.

La massa di gas contenuta nel collettore di aspirazione costituisce per questo periodo di tempo un sistema oscillante smorzato, che può essere considerato a partire dalla valvola (estremo chiuso) fino al primo sensibile allargamento (volume del filtro od atmosfera) che costituisce un’estremità aperta.

Questo sistema presenta un periodo proprio pari a:

T0 = 1 / f0 = 4L / a

Nell’ intervallo Δθ si stabilirà nel condotto una oscillazione di pressione il cui periodo è dato dalla precedente relazione.

Si può comprendere che il riempimento risulterà favorito se la valvola si aprirà (per il ciclo successivo) in corrispondenza di un picco di pressione, mentre risulterà ostacolato in caso contrario.

Per valutare l’effetto dell’onda stabilitasi a valvola chiusa nel condotto sarà necessario valutare quante volte il periodo T0 dell’oscillazione (trasformato in gradi) risulta essere contenuto nell’intervallo Δθ0:

KT0360°n = Δθ0 ≈ 540°

Si può anche scrivere:

K ≈ 540°/(4*360°)*(a/nL) = 3/8 (a/nL)

Per il condotto di aspirazione, gli effetti sul riempimento saranno:

* positivi, se in Δθ0 si inserisce un numero intero (K = 1, 2, 3, …) di oscillazioni, in quanto si avrà in questo caso una pressione positiva all’apertura della valvola di aspirazione.
* negativi,se in Δθ0 si inserisce un numero frazionario (K = 1.5, 2.5, …) di oscillazioni, in quanto si avrà una pressione negativa all’apertura della valvola di aspirazione.

Per il condotto di scarico il discorso è analogo, varia solamente il segno dell’onda di pressione che favorirà il ricambio della carica se sarà di espansione all’apertura della valvola di scarico mentre lo ostacolerà se di compressione.

In conclusione è utile sottolineare come questi fenomeni siano ottimizzabili per un solo valore del regime di funzionamento che deve essere opportunamente scelto in base alle caratteristiche d’impiego del motore a meno di disporre di sofisticati sistemi di aspirazione e di scarico a geometria variabile che permettono una ottimizzazione continua su tutto il campo di funzionamento del motore.

SISTEMI DI ASPIRAZIONE A GEOMETRIA VARIABILE

I motori a 4 tempi vengono fortemente influenzati dall’ottimizzazione del sistema di aspirazione mentre nei motori a due tempi è il sistema di scarico ad influenzare pesantemente il comportamento globale del processo di ricambio della carica, pertanto nell’ambito automobilistico (sportivo e stradale) differenti soluzioni sono state adottate per sfruttare questi fenomeni.

Una soluzione tipica, adottata dalle principali case automobilistiche prevede due o più condotti di lunghezza differente posti in parallelo tra loro e selezionati mediante valvole di by-pass in modo da avere una ottimizzazione mediante lo sfruttamento dei fenomeni dinamici del processo di sostituzione della carica a vari regimi di rotazione del motore.

Altre soluzioni consistono nell’impiego di un condotto “avvolto” (od a chiocciola) rotante che in funzione del punto di connessione con il motore stesso permette di variare (a scalini od in maniera continua) la lunghezza effettiva del condotto visto dal flusso ed in questo modo ottimizza in un range abbastanza ampio i fenomeni dinamici.
Immagine

Un sistema analogo è stato ampiamente utilizzato in Formula1 e consisteva in condotti rettilinei ad altezza variabile, capaci di operare un buon accordo con gli elevati regimi di rotazione tipici di questo tipo di motori:
Immagine

Motori a Combustione Interna: riflessioni tra Passato, Presente e Futuro

l’argomento dei vari post è sempre il Motore a Combustione Interna, pertanto dopo avere discusso ampiamente su di esso tra storia e stato attuale, e prima di presentare lo stato dell’arte delle ricerche sui motori di un futuro sempre più prossimo, è venuto il momento di fermarci a riflettere su questo “percorso” per cercare di capire ciò che ci attenderà.

IL PASSATO

Nei primi post sui motori a combustione interna c’è stato un piccolo excursus storico, il quale ha evidenziato come l’esigenza di disporre di una macchina motrice piccola ma al tempo stesso dotata di una certa potenza, abbia stimolato l’inventiva e la creatività di moltissime persone, tra le quali si sono particolarmente evidenziati individui come Otto e Diesel, senza però dimenticare il genio dei veri creatori del motore a combustione interna, ovvero Barsanti e Matteucci (sul cui omonimo viale a Napoli sorge l’Istituto Motori del Consiglio Nazionale delle Ricerche).

Se i parametri principali dell’epoca consistevano nel raggiungere una sempre maggiore densità di potenza risolvendo al tempo stesso le criticità del funzionamento del motore, con il tempo e con la diffusione sempre maggiore dei motori a combustione interna, grazie anche allo sviluppo dell’industria automobilistica reso possibile dai motori stessi, lo studio e la ricerca sui motori a combustione interna ha subito una profonda accelerazione.

IL PRESENTE

Lo sviluppo dell’industria automobilistica ha permesso ai motori a combustione interna di divenire sempre più utilizzati, e con l’aumento del parco vetture circolante nel mondo sono iniziate le prime discussioni sulle tematiche divenute poi predominanti negli ultimi anni, ovvero i Consumi e le Emissioni.

Lo sviluppo dei motori si è pertanto concentrato nella ricerca di una sempre maggiore efficienza e soprattutto sono state sviluppate diverse soluzioni mirate alla limitazione delle emissioni finali, quali catalizzatori e trappole antiparticolato.

Tali soluzioni sono divenute necessarie per rispettare le sempre più restrittive norme EURO ed analoghe normative Americane e Giapponesi, normative sulle quali ritorneremo in successivi post.

MOTORI ELETTRICI E CELLE A COMBUSTIBILE: VERI AVVERSARI O HYPE MEDIATICO?

Ogni volta che si parla di motori a combustione interna e di scenari futuri è immediato introdurre l’argomento Motori Elettrici, aiutati in questo anche da un sempre crescente movimento che enfatizza i problemi dei motori a combustione interna ed esalta le caratteristiche positive dei motori elettrici… ma è proprio tutto corretto?

Quando si paragonano due soluzioni differenti è quantomeno fondamentale individuare dei parametri di confronto quanto più completi ed esplicativi, ed inoltre è necessario individuare le eventuali “questioni nascoste” dietro ad ogni soluzione.

Quando si parla di motori elettrici si evidenzia il loro rendimento pressoché unitario sull’intero campo di funzionamento, valore che rende impietoso il confronto con i tradizionali motori a combustione interna che si attestano su valori massimi non superiori al 40%, con valori sensibilmente più bassi ai carichi parziali.

Un altro punto a favore è la totale assenza di emissioni inquinanti da parte dei motori elettrici, e se ci si fermasse qui il quadro sarebbe impietoso e farebbe gridare (come spesso avviene per i più suggestionabili alle teorie complottistiche) al complotto delle multinazionali del petrolio, ma nella realtà le cose sono diametralmente differenti.

Il primo punto è l’energia, poiché essa è necessaria a prescindere dal tipo di motore che viene impiegato, bisogna tenerne conto quando si opera un confronto.

I motori a combustione interna impiegano una risorsa, i combustibili fossili, che è presente in natura in quantità abbondante ma finita, e che viene prodotta prevalentemente dalla raffinazione del petrolio.

I combustibili si prestano all’accumulo mediante semplici serbatoi, trovandosi allo stato liquido (anche se vi sono componenti più o meno volatili) in condizioni ambiente.

Il costo energetico per passare dall’estrazione del petrolio fino ad arrivare all’effetto utile, ovvero la “potenza misurata alla ruota” assume un valore tutto sommato definito e costante, dal quale discende (anche se influenzato da parametri speculativi) il costo economico (piuttosto variabile in virtù di quanto detto poco fa) della stessa potenza.

Le emissioni inquinanti derivate da questo processo sono a loro volta definibili, mentre riferendosi ai motori elettrici sono questioni che spesso vengono omesse o trattate con molta leggerezza miscelandole con discussioni che distolgono l’attenzione da esse.

L’energia elettrica necessaria al funzionamento del motore deve venire prodotta, ed allo stato attuale può venire prodotta esclusivamente da soluzioni tradizionali in termini di impianti (non considerando il nucleare), pertanto si farà uso ancora di risorse fossili che verranno convertite in energia elettrica secondo il rendimento dell’impianto.

Il costo energetico in questo appare comunque inferiore, in quanto gli impianti termoelettrici operano con rendimenti che possono arrivare nei casi più efficienti nell’ordine del 60%, ma ancora non si sta tenendo conto del metodo per immagazzinare l’energia, il quale implica a sua volta un rendimento ed un costo energetico sicuramente superiore a quello del corrispettivo tradizionale in quanto richiede la produzione di sistemi chimici di accumulo, quali le batterie.

Le batterie a loro volta sono caratterizzate da un decadimento prestazionale e da un tempo necessario per la ricarica che rendono il veicolo elettrico meno elastico nell’impiego, anche se la ricerca in tale direzione procede ad opera delle aziende che hanno come business tale settore.

Una soluzione a tale problema arriva dalle Celle a Combustibile (che verranno trattate ampiamente in post successivi), le quali sono in grado di generare on-board l’energia elettrica da fornire al motore, ma richiedono per potere funzionare di una risorsa primaria che consiste in Idrogeno o Gas Naturale / Metano (in funzione delle caratteristiche della cella).

Poiché l’idrogeno non è presente in natura, esso necessita di venire prodotto mediante processi che trasformano il gas naturale in idrogeno (con produzione quindi di CO2) oppure partendo come risorsa primaria dall’acqua, tenendo presente che il bilancio energetico di questo processo è fortemente negativo in quanto l’energia spesa per la separazione dell’idrogeno è superiore (tenuto conto del rendimento del processo di separazione) dell’energia che viene poi effettivamente rilasciata, ancora prima di considerare il rendimento delle celle a combustibile.

Alla luce di queste semplici considerazioni appare pertanto piuttosto improbabile che il motore o combustione interna venga rimpiazzato in tempi brevi dalle soluzioni elettriche, salvo per impieghi particolari, prima di tutto perché NON risolve il problema che tanto rumore crea intorno ai motori a combustione interna, ovvero l’inquinamento.

Una terza via appare quella dei motori ibridi, i quali seppure ancora poco diffusi, possiedono delle caratteristiche a meta strada tra la soluzione puramente termica e quella puramente elettrica, permettendo un buon mix che in futuro presumibilmente ne porterà un maggiore impiego.

IL FUTURO E LA RICERCA

La ricerca motoristica sta orientandosi sempre più nella direzione di sviluppare motori che si basano su un mix di caratteristiche tra motori ad accensione comandata e motori ad accensione spontanea, ovvero si cerca di ottenere un basso livello di emissioni tipico dei “motori a benzina” con i rendimenti tipici dei “motori diesel”, e questo si ottiene mediante dei concetti di combustione innovativi, ma di questi ne parleremo in seguito…

fonte: [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!]
Ultima modifica di GreyOwl il 30/11/2010, 23:45, modificato 1 volta in totale.
[I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] e [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] sono i miei soci - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!]
Immagine
I link di Astra Club Italia: [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!]
ImmagineImmagine
Avatar utente
GreyOwl
SOCIO N° 183
Resp. Club Esteri
Referente Regionale:
Toscana

Collaboratore
 
Messaggi: 4848
Iscritto il: 11/05/2007, 15:09
Località: Prato
La tua Astra: Astra H
Caratteristiche: 5p GTS

Re: I motori a combustione interna

Messaggiodi GreyOwl » 30/11/2010, 23:44

Motori a Combustione Interna: da SI e CI ad HCCI

Il precedente post è stato incentrato principalmente nell’evidenziare come i motori a combustione interna, spesso amati od odiati, non presentano dei veri rivali in grado di detronizzarli dall’impiego per il quale oggi sono famosi, ovvero la propulsione dei veicoli terrestri, ma questa assenza di avversari non giustificherebbe assolutamente una mancanza di innovazione in essi, infatti per potere rispettare le sempre più stringenti norme anti inquinamento i motori si sono fortemente evoluti (anche se rimasti invariati nei principi base), e frutto dell’evoluzione dovuta ai limiti delle normative sono stati sviluppati ed introdotti sistemi sempre più sofisticati di trattamento dei gas di scarico oltre che miglioramenti interni al motore volti ad aumentarne l’efficienza.

L’iniezione elettronica, il sistema common rail, lo sviluppo dei turbocompressori, così come lo sviluppo dei materiali sono tutti passi di un percorso che ha migliorato i motori senza però rendere tali miglioramenti visibili, ma alcune soluzioni si presentano all’orizzonte (mentre qualcuna ha già avuto delle applicazioni concrete), e queste saranno l’argomento dei prossimi post.

Quest’oggi andiamo ad esaminare come procede lo sviluppo dei motori a combustione interna e quali sono le soluzioni che al momento rappresentano ancora una ricerca “di frontiera” ma che presentano delle potenzialità per venire impiegate in un futuro prossimo.

SPARK IGNITION E COMPRESSION IGNITION – DUE STRADE CHE CONVERGONO

Come esposto nei vari post, i motori attualmente sono di due tipi, ad Accensione Comandata (comunemente conosciuti come motori a ciclo Otto od impropriamente “benzina”) e ad accensione spontanea (i classici Diesel), ed impiegando la nomenclatura anglosassone li si indica con Spark Ignition (SI) e Compression Ignition (CI).

I motori SI sono caratterizzati da basse emissioni (in particolare mediante l’impiego del catalizzatore a 3 vie) ma risentono di un certo decadimento del rendimento ai carichi parziali.

I motori CI presentano valori di rendimento più elevati dei motori SI, ed inoltre non sono caratterizzati dalle forti penalizzazioni in termini di rendimento ai carichi parziali tipiche dei motori SI, ma sono d’altra parte affetti da emissioni sensibilmente elevate, in particolare di NOx e particolato (soot).

Ragionando separatamente sulle due tipologie di motori è evidente come si debba cercare di risolvere i rispettivi problemi intervenendo sulle cause che li originano, ma purtroppo un miglioramento sensibile è possibile solo a costo di sistemi particolarmente complessi e costosi (soluzioni che mirino ad eliminare la valvola a farfalla nei SI e sistemi di post trattamento sofisticati, come ad esempio sistemi DeNOx oltre che FAP e DPF sui CI).

Alcuni ricercatori hanno cercato di “mettere insieme” le caratteristiche positive dei singoli motori eliminando tramite questa unione le caratteristiche negative, e per fare tutto ciò hanno sviluppato differenti concetti di combustione, in particolare la soluzione denominata HCCI (Homogenous Charge Compresion Ignition).

La soluzione HCCI consiste nel generare una miscela omogenea tra combustibile ed aria, analogamente a quanto avviene nei motori SI, ed avere la combustione della stessa attraverso la compressione, analogamente ai motori CI.

In questo modo la combustione interessa la miscela nella sua interezza senza svilupparsi attraverso la propagazione del fronte di fiamma (SI) e senza presentare una combustione di tipo diffusivo (CI).

In tale modo si ottengono risultati in termini di emissioni eccellenti, con bassissimi livelli di NOx e di soot, ma la combustione “istantanea” che avviene nella miscela genera dei picchi di pressione e sollecitazioni meccaniche difficilmente sopportabili per il motore al di sopra di carichi medio bassi.

Il combustibile utilizzato è generalmente alto ottanico, ovvero benzine e simili.

Oltre alle problematiche relative alle sollecitazioni, i motori HCCI sono caratterizzati da una certa difficoltà nel controllare la combustione, fattore che rende difficile una corretta gestione del motore.

Nella seguente immagine viene mostrata una sequenza di fotogrammi relative allo sviluppo della combustione in un motore SI, dove risulta evidente la propagazione di fiamme turbolente:
Immagine

La combustione in un motore CI è invece rappresentata nella seguente sequenza:
Immagine

Si può notare come nel caso dei motori SI la combustione si sviluppi da un punto e si sviluppi sino alle pareti della camera di combustione, mentre nel CI la combustione dapprima si origini in diversi punti e poi proceda con il procedere dell’iniezione.

Una sequenza di immagini relative alla soluzione HCCI è la seguente:
Immagine

Si può notare come la combustione si origini grossomodo nell’intera miscela e si sviluppi rapidamente, con una durata di soli 10 gradi di rotazione dell’albero motore.

La soluzione HCCI è stata pertanto impiegata in una versione “ibrida”, ovvero impiegando un motore operante in HCCI ai bassi carichi e capace di cambiare il funzionamento in SI al superamento di un certo carico, e per ottenere ciò il motore è stato dotato di rapporto di compressione variabile in modo da adeguarsi alle diverse esigenze.

Tra le soluzioni presentate dalle case automobilistiche si ricordano i prototipi della General Motors e della Mercedes (in particolare quest’ultima battezzata con il nome DiesOtto, nome rappresentativo del punto di convergenza tra motore Diesel ed Otto), mostrata nelle seguenti immagini:
Immagine
Immagine

Il percorso per giungere alla soluzione HCCI non è stato breve, le ricerche partono infatti alla fine degli anni ’70 (i primi lavori risalgono al 1979) con riferimento ad applicazioni per motori 2 tempi, con studi che hanno spaziato anche su applicazioni per automobili (sempre nel 1979).

La ricerca ha cercato di superare i limiti caratteristici della soluzione HCCI, proponendo alcune soluzioni che saranno oggetto del prossimo post.

fonte: [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!]
[I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] e [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] sono i miei soci - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!]
Immagine
I link di Astra Club Italia: [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!] - [I links sono riservati agli utenti registrati. Registrati!Ti aspettiamo!]
ImmagineImmagine
Avatar utente
GreyOwl
SOCIO N° 183
Resp. Club Esteri
Referente Regionale:
Toscana

Collaboratore
 
Messaggi: 4848
Iscritto il: 11/05/2007, 15:09
Località: Prato
La tua Astra: Astra H
Caratteristiche: 5p GTS


Torna a [ASTRA H] Motori

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 4 ospiti