Motori a Combustione Interna: il Wankel DAL MOTO ALTERNATIVO AL MOTO ROTATIVO
Finora abbiamo esaminato motori nei quali l’espansione dei gas conseguenti alla combustione agiva spingendo un pistone in grado di muoversi di moto alternato che veniva poi convertito da un semplice manovellismo (l’albero motore) in moto rotatorio.
Il motore di cui andremo a parlare presenta la particolarità di non richiedere questa conversione in quanto il pistone stesso si muove di moto rotatorio, infatti stiamo parlando del Motore Wankel.
Il motore Wankel, ideato nel 1950 da Felix Wankel, utilizza un particolare “pistone” rotante a forma grossomodo triangolare con i lati curvi, il cui rotolamento in una camera di forma opportuna, permette di realizzare le varie fasi canoniche di un motore, ovvero l’aspirazione della carica, la compressione e la combustione della stessa ed infine lo scarico dei gas combusti.
Un esempio di motore Wankel è presentato nella seguente immagine:
Si possono distinguere chiaramente le parti principali del motore, ovvero il pistone, la camera (o per meglio dire la parte statorica) e l’albero motore, oltre che individuare le due luci di aspirazione e scarico, in quanto nel motore Wankel è il pistone stesso ad aprire e chiudere le luci andandole a coprire o scoprire in funzione delle fasi del ciclo.
Il funzionamento di questo motore è ben rappresentato nelle seguenti due immagini:
Nella prima immagine viene mostrata la fase di aspirazione della carica fresca, con il pistone che ruota e trasferisce la carica vero la sezione dove si trovano le candele, mentre nella seconda immagine viene rappresentata la combustione.
Successivamente ad essa, la rotazione del pistone permette di operare con lo scarico dei gas combusti e di ricominciare il ciclo con una nuova aspirazione della carica.
La camera di combustione (od almeno parte di essa) è ricavata sagomando opportunamente le facce del pistone ricavando una “tasca” in esse.
IL MOTORE WANKEL TRA BENEFICI E PROBLEMI
Il motore Wankel presenta alcune caratteristiche costruttive che consentono allo stesso di sviluppare elevate potenze unitarie sia rispetto alla cilindrata che rispetto al peso, oltre che permettere una maggiore silenziosità rispetto ai motori tradizionali.
Importante anche notare come tale motore non sia affetto da vibrazioni dovute a parti dotate di moto alternato (vibrazioni di secondo ordine).
I vantaggi appena descritti vengono però bilanciati da una serie di complicazioni e svantaggi per i quali in certi casi ancora oggi si hanno notevoli difficoltà nell’affrontarli in maniera completamente soddisfacente.
Un primo punto negativo è rappresentato dalla scarsità di coppia motrice ai bassi regimi, mentre andando ad esaminare con maggiore cura la forma della camera di combustione si nota che essa è di forma molto allungata.
A causa di questa forma (caratteristica piuttosto negativa ai fini di una buona combustione, e problema comune anche ai motori di Formula 1) risulta in genere adottata una soluzione Twin Spark, ovvero dotata di due candele che possono operare in sincronia tra loro o con un opportuno sfasamento al fine di gestire in maniera più versatile l’innesco della combustione.
Il continuo strisciamento degli spigoli del pistone inoltre usura rapidamente la parte statorica del motore causando trafilamenti della carica, e per ovviare a ciò (seppure non completamente) sono richiesti trattamenti superficiali volti a rendere il materiale maggiormente durevole a tali sollecitazioni.
Un ulteriore problema è rappresentato dalla necessità di una costruzione delle parti estremamente precisa, con l’impiego quindi di processi produttivi più costosi rispetto a quelli di un motore tradizionale.
Tutte queste caratteristiche hanno limitato pesantemente il motore Wankel, che ad oggi trova applicazione nei settori dove la leggerezza e l’elevata densità di potenza sono parametri fondamentali, come piccoli motori per ultraleggeri, mentre nell’ambito delle due e quattro ruote il loro impiego risulta estremamente limitato, esistendo ad oggi solo un produttore automobilistico che investe in essi (Mazda con la Rx8) mentre in passato vi sono stati alcuni esempi anche di moto dotate di motore Wankel.
Motori a Combustione Interna: la Sovralimentazione UNA PRATICA VECCHIA EPPURE NUOVISSIMA
La sovralimentazione nasce come tecnica per ripristinare negli aerei, in passato propulsi mediante motori alternativi ed elica, le condizioni atmosferiche di riferimento al variare della quote.
E’ logico pensare che per un aereo, al variare della quota (e pertanto della densità dell’aria) si presentino problemi di prestazioni del motore dovute alla rarefazione dell’aria comburente, con conseguenti rischi di spegnimenti o malfunzionamenti quando la densità dell’aria è tale da non permettere una combustione stabile della miscela aria combustibile.
La soluzione a tale problema venne individuata dotando i motori aeronautici di piccole unità di sovralimentazione in grado di garantire un valore di compressione dell’aria aspirata adeguato al ripristino delle condizioni di riferimento (atmosferiche) permettendo così una migliore efficienza dei motori.
La pratica della sovralimentazione venne allora estesa, non più quindi come “metodo per ripristinare le condizioni di riferimento”, bensì come pratica normale per incrementare la potenza specifica dei motori, in quanto l’incremento della densità dell’aria aspirata a parità di condizioni ambientali permetteva un sensibile innalzamento della potenza specifica del motore, con benefici evidenti in quanto era così possibile a parità di potenza del motore, impiegare motori di cilindrata ridotta, oppure di disporre a parità di cilindrata, di potenze molto più elevate.
La tecnica della sovralimentazione, così come moltissimi miglioramenti dell’industria motoristica aeronautica, sono stati trasmessi all’industria automobilistica che ha potuto beneficiare di ciò fintantoché l’aeronautica si è servita di motori alternativi per la propulsione.
Fatta questa piccola premessa è importante ora andare a vedere in cosa consiste la sovralimentazione, e su quali sono le soluzioni impiegate nel settore automobilistico a tal riguardo.
METODI PER LA SOVRALIMENTAZIONE
La sovralimentazione viene praticata impiegando opportuni sistemi in grado di comprimere l’aria in ingresso nel collettore di aspirazione, e la macchina comunemente impiegata per ciò è il Compressore.
L’azionamento e la tipologia del compressore porta alla nascita di diverse soluzioni per la sovralimentazione, in particolare si possono individuare due famiglie di compressori impiegati correntemente nei motori stradali:
* compressori volumetrici
* compressori dinamici
Esempi di compressori volumetrici sono il compressore Roots, il compressore a vite, a palette e simili, mentre i compressori dinamici ricadono tra le turbomacchine (e quindi operano la compressione mediante la variazione dei triangoli di velocità) e sono quelli più utilizzati attualmente.
Compressore Roots
Compressore dinamico
L’azionamento del compressore può essere di due tipi:
* diretto dall’albero motore
* a gas di scarico
La scelta del sistema di azionamento piuttosto che del tipo di compressore rappresenta un punto piuttosto importante per la sovralimentazione di un motore.
COMPRESSORE AD AZIONAMENTO DIRETTO: IL ROOTS
Lo scorso post si concludeva indicando le modalità di azionamento del compressore, ovvero “diretto dall’albero motore” o “a gas di scarico“, pertanto riprendendo da quel punto andiamo a vedere in cosa consistono tali modalità e quale effetto hanno nel funzionamento del motore.
La sovralimentazione mediante azionamento diretto dall’albero motore consiste nell’impiego di un compressore volumetrico collegato meccanicamente all’albero a motore, e pertanto operando ad un regime di rotazione direttamente proporzionale dello stesso.
Un grande vantaggio di questa soluzione consiste nell’immediatezza di risposta della sovralimentazione, non essendo presente alcuna causa di “turbo-lag” (termine impiegato per indicare il ritardo di risposta della sovralimentazione, tipica delle soluzioni a turbocompressore), inoltre adoperando compressori volumetrici si ha una certa “omogeneità” di funzionamento tra il motore ed il sovralimentatore, essendo il motore stesso una macchina volumetrica.
Lo svantaggio della soluzione meccanica è costituito dall’assorbimento di potenza del compressore, potenza che viene sottratta per l’appunto direttamente dall’albero motore e quindi nel computo totale se ne deve tenere conto.
Tale soluzione non viene impiegata largamente dalle case costruttrici, anche se non mancano vetture dotate di compressore volumetrico, e due esempi commerciali tra tutti sono rappresentato dal “kompressor” Mercedes e dalle soluzioni adottate dalla Lotus.
Come già detto possono venire impiegati compressori “tipo Roots” oppure di tipo “a vite“, anche se la soluzione in genere impiegata consiste nel primo dei due:
Compressore Roots
La particolarità del compressore Roots è quella di non operare direttamente la compressione del fluido, operando bensì una semplice traslazione del fluido, mentre la compressione avviene in quanto il fluido viene “forzato” nell’ambiente a maggiore pressione dall’azione delle palette senza potere rifluire verso l’ambiente a bassa pressione.
Particolare dei lobi
Direzione del flusso
Il numero di lobi può variare, anche se solitamente si impiega una costruzione a due o tre lobi, e questi possono avere un’estensione in profondità secondo un “profilo avvolto“, frutto dello sviluppo del Roots ad opera della Eaton, che ha portato all’impiego di 3 lobi a 120° per ogni girante al posto dei canonici 2 disposti a 180°, oltre che del già menzionato “avvolgimento” dei rotori.
Una caratteristica molto importante del compressore Roots è la sua capacità di fornire una portata di aria linearmente crescente con la velocità di rotazione del motore, inoltre la costruzione relativamente semplice (essendo costituito da poche parti in movimento, anche se realizzate con grande precisione superficiale) lo rende un dispositivo estremamente affidabile, ma tra le caratteristiche negative è importante evidenziare un crollo del rendimento al crescere della velocità di rotazione che spesso rappresenta un limite alla sua adozione.
Un tipico andamento del rendimento di un compressore Roots è il seguente:
Come si può chiaramente notare dal diagramma, fissando la velocità di rotazione del motore, si evidenzia come al crescere del rapporto tra le pressioni di ingresso ed uscita del Roots (muovendosi quindi verticalmente) il rendimento si riduca in maniera sensibile, ed analoghe considerazioni possono venire svolte per quanto riguarda la variazione del rendimento con la velocità di rotazione, pertanto fissando un rapporto tra le pressioni e muovendosi in orizzontale si sperimenta un analogo crollo di efficienza.
Proseguendo sul tema sviluppato precedentemente, andremo ora a parlare sempre di sovralimentazione, ed in particolare di Turbo-Sovralimentazione.
QUANDO IL COMPRESSORE INCONTRA LA TURBINA
La sovralimentazione mediante turbocompressore nasce dall’idea di sfruttare l’energia residua contenuta nei gas combusti allo scarico, altrimenti perduta e dissipata nell’ambiente.
Questa energia è dovuta all’incompleta espansione dei gas combusti all’interno del cilindro, “incompletezza” indesiderata ma necessaria per permettere di ridurre il lavoro di pompaggio, infatti, se i gas combusti espandessero completamente (fino alla pressione atmosferica) all’interno del cilindro, nella fase di scarico non si avrebbe uno scarico spontaneo dovuto alla differenza di pressione tra cilindro ed ambiente esterno (atmosferica) e tutto il lavoro necessario per questa fase dovrebbe venire fornito dal pistone durante la fase di risalita, lavoro che con una parte di scarico spontaneo viene ridotto.
Dal diagramma di funzionamento di un motore (in questo caso a ciclo Otto, ma è analogo per il ciclo Diesel) è possibile individuare questa “energia residua”:
Proseguendo idealmente le curve 1-2 e 3-4 sulla destra fino al loro congiungimento. si individua nell’area racchiusa tra di esse e la curva 4-1 il lavoro ancora estraibile dall’espansione dei gas combusti.
E’ importante evidenziare come questo diagramma sia esclusivamente ideale, ma anche nel “diagramma indicato” del motore (ovvero quello reale) sia sempre presente (anche se meno distinguibile per via grafica) una quota di lavoro perduto allo scarico, inoltre questi diagrammi non sono rappresentativi di tutti i regimi di funzionamento del motore, bensì si ha un diagramma per ogni valore del carico con differenze tra di essi più o meno rilevanti, anche ai fini della quantità di energia estraibile dai gas di scarico.
Lo sfruttamento di questa energia avviene come già detto installando una turbina e collegando rigidamente ad essa la macchina che andrà poi a svolgere il lavoro di compressione dell’aria, ovvero un compressore (che in questo caso sarà di tipo dinamico).
Lo schema di un motore sovralimentato mediante turbocompressore è rappresentato nella seguente figura:
Come evidente dall’immagine, i gas combusti percorrono un condotto (nella realtà piuttosto breve) fino ad incontrare una turbina (di tipo radiale) che, messa in movimento grazie all’energia residua dei gas di scarico permette di azionare il compressore (anch’esso radiale) attraverso una connessione rigida.
I due flussi (aria e gas di scarico) sono tenuti separati su due condotti differenti in quanto le due macchine costituenti il turbocompressore sono racchiuse da due casse a forma di coclea separate fluidodinamicamente.
L’impiego di turbomacchine radiali è dovuto alla necessità di ottenere rapporti di espansione/compressione (rispettivamente per turbina e compressore) abbastanza elevati in rapporto alle dimensioni che il turbocompressore può assumere ed in rapporto anche alle portate non elevate in gioco in un motore.
CARATTERISTICHE DELLA TURBOSOVRALIMENTAZIONE
La sovralimentazione mediante turbocompressore rappresenta apparentemente la soluzione migliore rispetto alla soluzione volumetrica presentata lunedì scorso, infatti la possibilità di recuperare dell’energia che altrimenti sarebbe stata perduta con l’espulsione dei gas combusti induce a pensare che il “peso energetico” del turbocompressore sia nullo, in quanto non gravi sull’energia fornita dal motore, ma nella realtà le cose sono un po’ differenti.
Un primo problema risiede nell’effetto “tappo” che la turbina e quanto ad essa collegato generano sul condotto di scarico, infatti il turbocompressore porta ad avere una contropressione allo scarico che influenza il motore in maniera non trascurabile.
Un secondo problema rappresenta la difficoltà di “accoppiamento” tra il sovralimentatore ed il motore, in quanto si tratta di accoppiare una macchina dinamica, caratterizzata da condizioni di funzionamento tipiche di queste macchine, con una macchina volumetrica quale è il motore, e su questo aspetto si sviluppano differenti soluzioni in base alle necessità di ottimizzazione del funzionamento dell’insieme motore-sovralimentatore.
La turbosovralimentazione segue due schemi tipici, in base alla modalità di collegamento tra motore e turbina, e si parla di:
* Sovralimentazione a Pressione Costante
* Sovralimentazione ad Impulsi
La sovralimentazione a Pressione Costante si ottiene collegando il turbocompressore al motore mediante un collettore di scarico di dimensioni “generose”, capace perciò di smorzare gli impulsi ad alta pressione tipici dello scarico di un motore permettendo alla turbina di operare in condizione maggiormente stazionarie, anche se con livelli di pressione inferiori.
Con questo sistema si privilegia l’efficienza della turbina a scapito delle pure prestazioni, ed è ovviamente il sistema adottato in ambito stradale.
La sovralimentazione ad Impulsi prevede invece un collegamento privo di un grosso collettore, ed in questo modo la turbina si trova ad operare in condizioni maggiormente instazionarie risentendo dei singoli impulsi forniti dallo scarico, ma permette di operare a livelli di pressione più elevati.
Questa soluzione è stata largamente impiegata nel settore sportivo, dove la pura prestazione (anche a scapito della bontà di erogazione della potenza) rappresenta il parametro più importante.
A titolo di esempio i motori di Formula1 degli anni ’80 erano capaci con soli 1500cc di cilindrata di sviluppare potenze dell’ordine dei 1200cv, ma erano anche caratterizzati da una scarsa qualità nell’erogazione.
Un fenomeno tipico della turbosovralimentazione è il cosiddetto Turbo-Lag, ovvero il ritardo nella risposta del sovralimentatore in presenza di una richiesta sul pedale del gas, fenomeno fortemente presente nelle vetture di Formula1 di cui si è accennato, ma oggi fortemente ridotto in virtù sia del progresso nei turbocompressori, sia della mutata esigenza dei motori moderni.
Nella concezione moderna della turbosovralimentazione si tende ad impiegare piccole unità con lo scopo di consentire un downsizing dei motori a parità di potenza, e per fare ciò si punta ad impiegare macchine capaci di fornire rapidamente un contributo, ma ovviamente, per motivi di taglia, al crescere del carico richiesto si presenta la necessità di bypassare parte dei gas di scarico eccedenti la portata nominale della turbina direttamente allo scarico.
Tale bypass è tanto maggiore quanto inferiore è la taglia della turbina, e la scelta di questa è frutto del compromesso tra prestazioni e bontà di erogazione della potenza, pertanto quando si impiegano piccoli turbocompressori si parla anche di Turbo-Soft, ovvero di motori turbocompressi non eccessivamente spinti.
Ina soluzione impiegata per migliorare le prestazioni ed il rendimento del turbocompressore consiste nell’impiego di una turbina a geometria variabile.
La turbina a geometria variabile in realtà presenta solamente lo statore a geometria variabile, in quanto una macchina radiale presenta delle difficoltà notevole nel rendere possibile una variazione della geometria della palettatura rotorica, ma l’adozione del solo statore variabile rappresenta comunque un miglioramento consistente in quanto, al variare del carico e quindi della velocità dei gas di scarico che evolvono in turbina, si ha la variazione del triangolo di velocità all’ingresso della stessa, con conseguente calo di rendimento della turbina.
Lo statore a geometria variabile consente di indirizzare il flusso al meglio consentendo quindi una maggiore efficienza ed una maggiore regolabilità della sovralimentazione:
Principio di funzionamento
SOVRALIMENTAZIONE AD ONDE DI PRESSIONE – IL COMPREX
Una soluzione particolare, che ha avuto un certo periodo di interesse da parte dei motoristi, ma che poco impiego ha avuto in pratica è basata su un particolare dispositivo chiamato Comprex, inventato dalla Brown Boveri negli anni Ottanta.
Il principio alla base del Comprex consiste nel volere sfruttare in maniera diretta l’energia residua dei gas di scarico per “forzare” i gas freschi in fase di aspirazione, e la modalità con la quale questa azione viene svolta consiste nell’impiego di un condotto cilindrico all’interno del quale sono ricavati dei condotti lungo tutta la profondità dello stesso e, mediante opportune deviazioni dei condotti di aspirazione e scarico, si rende possibile lo sfruttamento di questo effetto.
Poiché un’immagine è più esplicativa di mille parole, vediamo come è fatto il Comprex e come funziona:
Comprex
Installazione del Comprex e suo funzionamento
Nella prima immagine è visibile la forma della girante che costituisce il Comprex, in particolare sono ben visibili i canali ricavati all’interno del dispositivo stesso, mentre nella seconda immagine si vede l’installazione ed il funzionamento del Comprex all’interno del motore.
Il Comprex ruota solidale all’albero motore, con un rapporto ben definito tra la sua velocità di rotazione e quella del motore stesso, e tale rotazione mette in comunicazione una parte dei settori del Comprex con l’aspirazione e con lo scarico.
I gas freschi entrano come visibile in figura nella sezione più in basso (colorati in blu) e, grazie alla rotazione del Comprex vengono “traslati” verso la sezione del condotto di aspirazione vero e proprio.
Contemporaneamente i gas di scarico seguono un percorso analogo, ritrovandosi durante la loro traslazione ad entrare in contatto nelle stesse sezioni dei condotti del Comprex con i gas freschi.
Poiché tra i due gas vige una forte differenza di pressione, i gas combusti “cedono” una parte della loro energia ai gas freschi prima che entrambi vengano traslati verso le rispettive sezioni di aspirazione e scarico.
In questo modo i gas freschi vengono “spinti” per via di questo fenomeno d’onda che si viene a creare verso l’aspirazione con un considerevole incremento di pressione.
Tale sistema per certi versi risulta essere uno dei più semplici, ma i limiti che lo hanno sempre contraddistinto sono legati alla contaminazione dei gas freschi ad opera dei gas combusti (è inevitabile un minimo di miscelamento) ed al riscaldamento della carica fresca che richiede un sistema di refrigerazione (intercooler) per evitare effetti negativi sul coefficiente di riempimento del motore.
Applicazioni in campo automobilistico sono state piuttosto scarse, e si ricorda l’impiego fugace ad opera della Ferrari 126cx.
IL TURBOCOMPOUND
Tra i metodi particolari di impiego delle turbine nei motori si deve evidenziare la soluzione Turbocompound, la quale consiste nell’installazione di una turbina che recupera energia dai gas combusti e la cede all’albero motore attraverso un collegamento meccanico con esso.
Tale soluzione, utilizzata soprattutto in passato nel settore aeronautico, consente mediante una turbina dotata di geometria apposita (tale da generare un minore effetto di contropressione allo scarico del motore) di ridurre il consumo specifico di carburante a parità di potenza erogata in quanto opera un recupero di energia altrimenti perduta, restituendola all’albero motore.
L’immagine soprastante illustra in maniera molto semplice lo schema di funzionamento di tale soluzione, mentre un esempio di turbocompound applicato in serie ad il turbocompressore è illustrato nella seguente immagine
SOLUZIONI COMPOSITE VOLUMETRICO-TURBOCOMPRESSE
Pur non trattandosi di soluzioni particolarmente innovative in se stesse, in quanto vengono utilizzati dispositivi già impiegati singolarmente, l’idea alla base delle soluzioni composite era quella di sfruttare i benefici di entrambe minimizzandone gli svantaggi proprio in virtù del loro utilizzo combinato.
Come già esposto in un post precedente, il compressore volumetrico presenta il vantaggio della grande prontezza di risposta sin dai bassi regimi in virtù del collegamento diretto tra motore e sovralimentatore.
Soluzioni adottate soprattutto in ambito sportivo prevedevano il bypass del volumetrico superato un certo regime di rotazione del motore, ovvero quando il turbocompressore (di cui abbiamo parlato nel precedente post) si trovava nelle condizioni ottimali di funzionamento.
Tra le varie implementazioni si ricorda con piacere la mitica Lancia Delta S4, la cui breve storia è stata legata all’ormai defunto Gruppo B del Mondiale Rally e purtroppo funestata dalla morte della coppia Toivonen – Cresto.
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