vittocecco ha scritto:Potremmo parafrasare con "
quando la coppia si trasforma in potenza" o è troppo semplicistico/riduttivo?
No vitto, non è semplicistico nè riduttivo; anzi, è efficace. Potremmo dire che sia meno "rigoroso". Ne approfitto, allora per fare partire uno dei miei chilometrici sproloqui
per cercare di esprimere esaustivamente la mia idea sopra. Non so se riuscirò, né tantomeno se risulterà di interesse per qualcuno. Ma confortato dall'idea che "chi non vuole non legge" mi lancio...
Dal punto di vista più rigoroso, possiamo metterla così. Il significato fisico degli attriti, ovvero il corrispettivo fisico delle forze in gioco, è comunemente attribuito a "legami" (di tipo elettrostatico, a livello molecolare) per quel che riguarda gli attriti radenti, ed alle deformazioni nelle quali parte di energia viene dissipata come energia termica, nell'attrito volvente.
Nel caso degli pneumatici, però, vi sono delle altre condizioni, non riconducibili esattamente ai due meccanismi suddetti. E sono quelle condizioni che aumentano la tenuta degli pneumatici se la mescola è morbida e se il manto stradale è ruvido.
Le forze tangenziali alla ruota che si sviluppano in corrispondenza della superficie di contatto in realtà trovano delle forze uguali e contrarie nei punti in cui le asperità dell'asfalto vengono a contatto con le micro deformazioni del pneumatico. Chiaramente, la forza sviluppata a livello di ogni singolo punto di contatto è infinitesimale; è la loro somma che diviene importante. E' come fabbricare una corda intrecciando una miriade di sottili fili: ogni singolo filo potrebbe essere spezzato con le dita, ma la corda può sollevare un'automobile.
La forza uguale e contraria viene esercitata fino al punto di rottura di una delle strutture interessate; nel caso specifico, le strutture sono o le asperità del manto stradale, o quelle dello pneumatico. Nel caso dell'asfalto, spesso le asperità risultano più resistenti di quelle della gomma; i risultati sono i fumi e le strisce nere che lasci per terra quando sgommi.
Ma nel caso, ad esempio, del terriccio, sono le asperità di questo a cedere per prime: se sgommi sul terriccio, vedrai ancora dei fumi, ma che sono costituiti dalle particelle del terriccio, e lo pneumatico resterà indenne.
I legami che rendono "coesiva" la neve sono ancora più labili, e suscettibili di rottura con forze anche minori; sarebbe questo il motivo per il quale con una minore coppia si otterrebbe un vantaggio.
Ora, coppia, lavoro ed energia condividono la stessa espressione dimensionale: hanno le dimensioni di una forza moltiplicata per una lunghezza. All'aumentare della lunghezza diminuisce la forza e viceversa, ché il prodotto deve restare uguale; è un principio che tutti applichiamo con la leva di primo genere, quando apriamo un barattolo di vernice con un cacciavite.
Nel caso di una ruota, maggiore è il raggio della ruota e minore sarà la forza; ma a parità di "angolo" percorso, il lavoro compiuto sarà uguale. Con una ruota grande, la forza esercitata localmente sarà minore, ma sarà maggiore la lunghezza percorsa dalla ruota.
Inoltre, una ruota di maggiori dimensioni potrà sviluppare le forze nella direzione del moto per una lunghezza maggiore. Delle ruote di diametro maggiore risulteranno alla fine più vantaggiose per questo motivo.
Ma da questo punto di vista così non sarebbe per la larghezza. Per aumentare l'aderenza, e questo vale, da questo punto di vista per qualunque fondo, maggiore è la superficie di attrito, e più numerosi saranno i punti di "micro-contatto"; tornando all'esempio della corda, è come avere una corda con più fili. Non solo, ma poichè aumenta la superficie di contatto e la forza rimane uguale, la pressione a livello del singolo punto di microcontatto sarà minore, per cui la "rottura" delle strutture a livello dei punti di contatto sarà minore.
Tutto questo è facilmente comprensibile guardando le auto di Formula 1 di una ventina di anni fa: ruote posteriori larghe e di grande diametro.
Ma un altro fattore molto importante per mantenere l'aderenza, per evitare la rottura delle microstrutture, è data dalla
velocità con la quale l'energia passa dalla ruota alla microstruttura; perchè è in realtà la
cessione dell'energia, che ne procura la rottura.
Chiunque abbia mai provato a rompere una tavoletta di legno con un pugno (più spesso un diretto tirato con il braccio più arretrato,
gyaku-tsuki per coloro a cui piacciono i nomi giapponesi), ha imparato (magari a sue spese) quale sia la tecnica che deve essere usata per riuscire: massima velocità e minima superficie di impatto, che deve rimanere limitata alle superfici delle teste del II e III metacarpale ("le nocche" dell'indice e del medio, o altrimenti, in giapponese,
kento). Questo consente la massima decelerazione del pugno, e la cessione istantanea dell'energia solo a livello dei punti di contatto, con conseguente rottura delle strutture locali, che fa sì che la tavoletta si spezzi.
La tecnica di gambe, cioè posizione e contrazione, è però ugualmente importante per il principio di azione-reazione: la forza che i kento esercitano sulla tavoletta è uguale e contraria a quella che la tavoletta esercita sul resto del corpo che, se non reagisce adeguatamente, andrà "indietro" sottraendo efficacia al colpo.
La rottura della tavoletta non avviene, in assoluto, tanto per l'energia del colpo, quanto per la tecnica. E' molto più difficile che un peso massimo rompa la tavoletta, ma non perchè l'energia del suo pugno sia inferiore; l'energia del pugno di un peso massimo è di molto superiore (con buona pace di qualche karateka che magari la pensa diversamente).
La differenza sta nella velocità con la quale l'energia cinetica del pugno viene convertita in energia meccanica o in energia termica. Cioè, in quanto tempo ciò avviene.
La velocità con la quale viene ceduta o trasformata l'energia è la potenza. Se un maratoneta professionista, io ed un vecchietto, tutti circa dello stesso peso, decidiamo di salire di corsa per una strada di collina per giungere alla sommità, il maratoneta ci metterà tre quarti d'ora, io il doppio ed il vecchietto (che alla fin fine in realtà sarei sempre io
) mezza giornata. Alla fine, avremo compiuto tutti e tre il medesimo lavoro: avremo portato il nostro peso (massa x accelerazione di gravità) all'altezza della collina. Forza (uguale per tutti e tre, se pesiamo uguale) per spostamento (l'altezza della collina). Ma la potenza espressa sarà stata molto diversa.
Così, nel caso del peso massimo la tavoletta non si romperà, ma d'altra parte chi regge la tavoletta si sposterà all'indietro di un metro. Ed il peso massimo non ha neanche la necessità di curare troppo la tecnica di gambe, in questo; la sua struttura assorbirà l'energia di reazione senza far perdere troppo di efficacia al colpo.
La tecnica di gambe del karateka o la massa del peso massimo hanno qui, in parte, un ruolo simile a quello dei mattoni nel portabagagli o al peso del motore Diesel. La differenza sostanziale sta nel fatto che mentre lo scopo che si vuole ottenere tirando un pugno è quello di provocare un danno alle strutture cui viene ceduta l'energia, nel caso dell'auto si vuole spostare quest'ultima, operazione per la quale è bene che le strutture rimangano integre.
Quindi, poichè alla riduzione di coppia corrisponde un incremento della velocità, ed alla riduzione dell'impronta a terra ed all'aumento del peso un aumento delle sollecitazioni sulle microstrutture, non vi è una regola assoluta. Se montare pneumatici più stretti su fondi scivolosi è un principio che conserva una validità assoluta per la tenuta laterale, nel caso delle accelerazioni e decelerazioni assiali è una questione di bilancio. E' il principio per il quale l'ESP è disinseribile a basse velocità: per partenze su fondi estremamente scivolosi.
Il problema della partenza sulla neve dell'Astra di Edo_65, pertanto, credo non dipenda da un singolo fattore, ma dalla combinazione di larghezza degli pneumatici, peso dell'avantreno ed erogazione di potenza; il miglior risultato è dato dal miglior compromesso, il che potrebbe voler dire che lorenzino potrebbe addirittura avere meno difficoltà con i pneumatici più larghi.
Se qualcuno, ad auto scarica, in piano e con pneumatici larghi, proverà a partire sulla neve facendo slittare le ruote, rilasciando il gas e poi, a frizione innestata e prima che l'auto si fermi, premendo leggerissimamente il pedale dell'acceleratore, si farà un'idea di ciò che ho espresso con tutto questo sproloquio. Posto che sia realmente riuscito a farlo...